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Alluvioni, sei milioni di italiani a rischio

Secondo un’analisi della Coldiretti, realizzata su dati Ispra, il 91% dei comuni italiani si trova in territori a rischio idrogeologico

Non solo temperature più alte: il cambiamento climatico si manifesta in varie forme, anche attraverso aumenti vertiginosi delle precipitazioni che possono causare alluvioni e frane. Lo sappiamo bene in Italia, come troppo spesso ci ricordano drammatici fatti di cronaca che tornano periodicamente a rammentarci quanto sia fragile il nostro territorio. E come conferma anche un recente rapporto di Coldiretti, realizzato sulla base di dati Ispra.
Stando ai risultati della ricerca, ben sei milioni di persone risiedono in Italia in territori a rischio alluvione. Un altro milione vive in aree soggette al pericolo di frane. Più in generale, si stima che il 91% dei comuni italiani si trovi in territori con seri problemi idrogeologici.
Il cambiamento climatico, secondo Coldiretti, sta portando a una tropicalizzazione dello scenario atmosferico. Gli eventi climatici estremi stanno registrando un forte aumento, sia in termini di frequenza che di intensità: forti grandinate, sfasamenti stagionali, precipitazioni brevi e intense, unite al sempre più rapido passaggio dal caldo al maltempo, sono diventate ormai una costante. E stanno avendo un pesante impatto anche dal punto di vista economico: secondo Coldiretti, alluvioni e siccità hanno provocato negli ultimi dieci anni perdite per oltre 14 miliardi di euro alla produzione agricola nazionale. L’estate del 2019, tanto per citare un caso recente, ha fatto registrare 760 grandinate, trombe d’aria e bombe d’acqua, più del doppio (+101%) rispetto allo stesso periodo dello scorso anno.
Al fine di evitare ulteriori danni, Coldiretti auspica interventi strutturali “che vanno dalla realizzazione di piccole opere di contrasto al rischio idrogeologico, dalla sistemazione e pulizia straordinaria degli argini dei fiumi ai progetti di ingegneria naturalistica, fino a un vero e proprio piano infrastrutturale per la creazione di invasi che raccolgano tutta l’acqua piovana che va perduta e la distribuiscano quando ce n’è poca, con la regia dei consorzi di bonifica e l’affidamento ai coltivatori diretti”.