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Finanziamenti e capacità di intervento contro il dissesto idrogeologico

Sono 87 gli stati di emergenza proclamati nel nostro Paese negli ultimi 6 anni. Mentre il tema delle conseguenze del cambiamento climatico è entrato nell’agenda politica globale, spendiamo ancora poco per rimediare ai danni e poco per prevenirli

Da giugno in Italia ci sono state 760 tra grandinate, trombe d’aria e bombe d’acqua che hanno lasciato danni e devastazioni un po’ ovunque: il doppio (+101%) rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, secondo elaborazioni di dati Eswd, la banca dati europea sugli eventi estremi. Negli ultimi 6 anni sono stati proclamati 87 stati di emergenza con danni riconosciti per oltre 9,4 miliardi di euro. Gli importi trasferiti sono stati però poco meno del 10 per cento.
Negli ultimi 20 anni le regioni hanno chiesto quasi 23 miliardi per prevenire i rischi idrogeologici. Ma il ministero dell’Ambiente ha erogato solo una parte (circa un quarto), per un totale di 5,3 miliardi. Di questi, solo il 44% sono stati effettivamente spesi per progetti conclusi. È quanto rileva il Laboratorio Ref Ricerche nel report “Dall’emergenza alla prevenzione: urge un cambio di paradigma”.

Italia territorio fragile

Il nostro Paese, in virtù della sua posizione geografica, è interessato più di altre aree del globo dalle conseguenze del clima, con manifestazioni destinate a crescere di intensità nel tempo. La fotografia della situazione italiana rilevata da Laboratorio Ref frutto dell’elaborazione di dati Ispra e Protezione Civile, mostra un territorio in tutta la sua fragilità.
Il 17% della superficie nazionale è considerato a maggiore pericolosità, con quasi 1,3 milioni di abitanti a rischio frane, con due terzi di quelle censite in Europa che si sono verificate in Italia, specialmente dal 2000 a oggi. Oltre 6 milioni di abitanti sono a rischio alluvioni. Ma non solo. 2 siccità gravi su 3, tra quelle occorse negli ultimi 45 anni, si datano dal 2000 in poi, segno evidente di un trend in rapida ascesa che non si può più ignorare.

I costi delle emergenze
Solamente negli ultimi 6 anni, il costo degli 87 stati di emergenza dichiarati e riconosciuti supera i 9 miliardi di euro.
Tra le regioni più colpite dalle emergenze c’è l’Emilia Romagna con 12 eventi gravi in 6 anni per cui sono stati richiesti 1,3 miliardi di euro. Degli 1,1 miliardi di fabbisogno riconosciuto ad oggi sono stati erogati solo 112 milioni. Segue la Toscana: 8 stati di emergenza e danni riconosciuti per 783 milioni, di cui 94 sono quelli assegnati e trasferiti.

La preoccupazione dei cittadini
L’85% degli italiani è preoccupato, testimone di fenomeni meteorologici che colpiscono sempre più frequentemente in modo e con danni rilevanti. A preoccupare sono tutte le diverse manifestazioni degli impatti, dai fenomeni metereologici estremi (90% abbastanza o molto preoccupati), alla siccità e arretramento dei ghiacciai (88%), all’aumento del livello dei mari e alla minore portata dei fiumi (85%).
Italiani preoccupati dai fenomeni del clima ma consapevoli che si tratta di una responsabilità da condividere, tra cittadini (71%), gestori del servizio idrico (72%), Stato e Istituzioni (77%), e che non può essere ignorata e delegata in toto a uno o all’altro soggetto.
Per evitare di dover costantemente rincorrere l’emergenza si chiede a Stato e Istituzioni di studiare e coordinare una strategia comune per far fronte a emergenze sempre più importanti. Si chiedono interventi strutturali che vanno dalla realizzazione di piccole opere di contrasto al rischio idrogeologico, alla sistemazione e pulizia straordinaria degli argini dei fiumi, a progetti di ingegneria naturalistica fino a un vero e proprio piano infrastrutturale. Prevenzione, insomma.

Le regioni più efficienti
La riduzione del rischio idrogeologico è un fattore decisivo per accrescere la resilienza al cambiamento climatico dell’Italia superando la logica degli interventi emergenziali degli ultimi decenni. Ma è proprio la prevenzione il punto dolente nel nostro Paese.
Tra il 1999 e il 2017 in Italia si sono erogati complessivamente 5,6 miliardi di euro per 5.248 interventi urgenti per mitigare tale rischio. La Toscana è la regione che ha visto il maggior numero di interventi (542) mentre la Sicilia è quella che ha ricevuto i maggiori finanziamenti (662 milioni di euro).
Ma il numero che fa riflettere è che solo il 44% delle risorse stanziate è stato effettivamente speso. Altrettanto negativo il dato dei lavori non avviati o definanziati: 15%, ossia più di 800 milioni. Se consideriamo le regioni, il Trentino-Alto Adige è la regione più efficiente, con il 98% dei finanziamenti effettivamente spesi, mentre la Liguria è quella con la percentuale più bassa (15%).

Prevenire è fondamentale
Come ribadito dalla Commissione Europea nelle sue recenti raccomandazioni all’Italia, la prevenzione è necessaria per ridurre la spesa conseguente a stati emergenziali. Tra le voci di spesa le infrastrutture giocano un ruolo chiave.
La raccomandazione Ue sottolinea che nel 2019 è stato accordato all’Italia un margine di flessibilità di 2,1 miliardi di euro, rispetto agli obiettivi sui saldi di bilancio, al fine di garantire la prevenzione del rischio idrogeologico. La Commissione si sofferma poi sul basso valore degli investimenti nel Mezzogiorno e specificatamente per le infrastrutture idriche, nonostante i persistenti rischi di scarsità d’acqua e siccità. Investimenti che sono spesso ostacolati dalla frammentazione del settore, nonché dal profilo del credito debole degli operatori più piccoli.

I Piani di intervento nazionali
Nell’ultimo anno e mezzo, qualcosa sembra essersi mosso sul fronte dell’adattamento agli effetti del cambiamento climatico, sia sul versante delle frane e delle alluvioni che su quello della siccità. Nello specifico sono stati approvati il Piano Nazionale di interventi nel settore idrico e il Piano Nazionale per la sicurezza del territorio, il cosiddetto ProteggItalia, coerentemente con le categorie interventi resilienti.
Per quanto riguarda il primo, la Legge di Bilancio 2018 ha previsto l’adozione di un piano per il settore idrico, con l’intento di mitigare i danni connessi alla siccità e promuovere il potenziamento e l’adeguamento delle infrastrutture idriche, contrastando la dispersione delle risorse. Il piano si articola in 2 sezioni: la sezione Invasi e la sezione Acquedotti.
Realizzare nuovi invasi infatti è urgente poiché in Italia si riesce a trattenere solo l’11% degli oltre 300 miliardi di metricubi di pioggia caduta, con la siccità che penalizza indistintamente il Nord e il Sud. A questo si aggiunge la necessità di aumentare la capacità degli invasi esistenti, attraverso interventi di manutenzione straordinaria.
Il ProteggItalia, pubblicato in Gazzetta il 21 aprile 2019, ha lo scopo di realizzare opere per la prevenzione del rischio. I pilastri fondamentali contro il dissesto idrogeologico sono quattro: l’emergenza, la prevenzione, la manutenzione e la semplificazione e il rafforzamento della Governance che risultano essere tematiche trasversali a tutte le amministrazioni in gioco, volte ad un più efficace coordinamento dell’utilizzo delle risorse finanziate.
Le risorse stanziate ammontano a poco meno di 11 miliardi di euro (triennio 2019-2021). Una parte di queste, fino a 3 miliardi, è destinata a progetti e interventi infrastrutturali immediatamente eseguibili aventi carattere di urgenza e indifferibilità. Ma ad oggi, 2,6 miliardi sono già stati assegnati per interventi in quei territori colpiti da maltempo lo scorso ottobre e novembre (16 regioni più le regioni autonome di Trento e Bolzano). Mentre i fondi realmente destinati al ministero dell’Ambiente per la prevenzione sono quattro miliardi per il periodo 2019-2021 a cui si aggiungono 900 milioni di euro a triennio fino al 2030.