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Riforma fiscale Usa, più ombre che luci

Secondo un’analisi di AllianceBernstein il piano fortemente voluto dal presidente Trump non avrà un particolare effetto sull’economia reale

Sembra ormai essere in dirittura d’arrivo la riforma fiscale statunitense, fortemente voluta dal presidente Donald Trump. Quali saranno le conseguenze nel medio termine? Un’analisi di AllianceBernstein prova a fornire una chiave di lettura in cui si evidenziano più ombre che luci.
A festeggiare sono soprattutto le Borse. “Meno tasse – scrive Eric Winograd, senior Us economist della società di gestione – potrebbero tradursi, a livello aggregato, in utili netti più consistenti e in incentivi all’investimento”. Tuttavia, osserva AllianceBernstein, è più probabile che la liquidità in mano alle imprese vada a innescare azioni di buyback (come già successo in occasione del taglio fiscale operato da Bush), piuttosto che maggiori investimenti, limitando così l’impatto economico in termini di crescita. Ci sarebbero anche ripercussioni in ambito assicurativo nel caso in cui venga a cadere l’obbligo individuale di sottoscrizione di una polizza sanitaria, così come contenuto all’interno dell’Obamacare. “Tale obbligo forza persone sane, che normalmente potrebbero decidere di non avere un’assicurazione sanitaria, a sottoscriverne una, aiutando così a mantenere bassi i prezzi a beneficio di coloro che, altrimenti, non potrebbero permettersela”, spiega Winograd, aggiungendo che, secondo le stime, più di 10 milioni di individui rinuncerebbero ad avere una copertura, causando un rialzo nei premi assicurativi a danno dei meno abbienti.
A livello macroeconomico, AllianceBernstein prevede che i cambiamenti fiscali della riforma “non saranno né rivoluzionari, né di particolare effetto per l’economia reale”. Nel breve termine, le stime della società di gestione vedono un incremento marginale del tasso di crescita nell’ordine di uno 0,2%/0,3% annuo per il biennio 2018/2019, mentre nel lungo termine “l’impatto sarà minimo, in quanto alcuni dei punti della manovra non saranno più applicabili, in ottemperanza al tetto massimo di 1,5 trilioni di dollari posto sul debito affinché il testo passasse il vaglio del Senato”.
I rischi sul fronte inflazione
Una crescita più veloce porta con sé una maggiore inflazione. Se la crescita economica è già oltre, poi, alle stime a pieno regime della Federal Reserve, uno stimolo fiscale non va che ad accrescere le probabilità di una politica monetaria più stringente. Considerando gli effetti limitati della riforma, conseguenze che verranno ancor più limate dall’irrigidimento della politica monetaria, ad oggi non possiamo che confermare la nostra previsione di quattro rialzi dei tassi nel corso del 2018. Inoltre, fa notare AllianceBernstein, secondo alcuni orientamenti del Congresso statunitense “i tagli alle aliquote verranno compensati dalla crescita economica che andranno ad innescare”. In altre parole, la riforma non si pagherà da sola. “Ci vorrà una spinta al Pil molto più forte di quella data da questa legge – conclude Winograd – perché non ci siano ricadute sulle entrate. I segnali indicano infatti che il deficit Usa si espanderà tra i 600 milioni e i 1,5 trilioni di dollari in più di quanto non avrebbe fatto a carte ferme”.