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Smart city, ma non troppo

I modelli di innovazione tecnologica faticano a prendere piede nel nostro Paese. Gli ostacoli principali sembrerebbero essere la mancanza di risorse e competenze, oltre che di una chiara governance. Eppure, i potenziali benefici sono numerosi

L’evoluzione tecnologica degli agglomerati urbani nel nostro paese è iniziata, ma fatica ad andare oltre la fase iniziale. Secondo una ricerca del Politecnico di Milano, quasi la metà dei comuni italiani ha avviato negli ultimi tre anni almeno un progetto di smart city, ma la maggior parte delle iniziative (63%) è ferma alla fase sperimentale. Particolarmente critiche sembrano essere la fase dell’estensione del progetto a tutto il territorio cittadino, inglobando le periferie, e l’integrazione di esso in una strategia di lungo termine. I principali ostacoli lamentati dai comuni sono la mancanza di risorse economiche (per il 71%) e di competenze adeguate (nel 61% dei casi), oltre al problema trasversale della governance, a causa dell’alternarsi di amministrazioni diverse in pochi anni e della moltitudine di soggetti con cui ci si deve interfacciare. 

Eppure, rileva la ricerca, i benefici sono numerosi e tangibili per tutti, non solo in termini di migliori servizi, sostenibilità e vivibilità, ma proprio guardando ai tempi di ritorno degli investimenti: a titolo d’esempio, in una città come Milano sono sufficienti appena 1-2 anni per ripagare un progetto di gestione automatica dei parcheggi (sensori per monitorare la disponibilità di singoli posti auto e app per prenotare e pagare via smartphone), e servono dai 2 ai 4 anni per avere benefici economici da una raccolta dei rifiuti “intelligente” (cestini con sensori di riempimento per ottimizzare la raccolta). 

Per affrontare adeguatamente l’evoluzione smart, le città chiedono allo Stato soprattutto più fondi e più formazione, ma anche linee guida e condivisione di best practice. Il tema della governance è cruciale: impegni e priorità vanno stabiliti a livello centrale e poi declinati secondo le specificità territoriali, in un equilibrio che tenga conto delle peculiarità dei comuni e della loro autonomia decisionale.