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L’impatto economico del virus cinese

La Fondazione Italia Cina ha diffuso un’analisi sulle conseguenze che l’epidemia di Coronavirus avrà sul mercato interno e le ricadute all’estero. Colpiti in particolare il turismo, i beni di lusso e l’industria automobilistica

Ancora nel picco del contagio, l’epidemia di Coronavirus sta manifestando il suo impatto sull’economia cinese e a livello mondiale, rappresentando una minaccia ad oggi non ancora quantificabile se non per macrostime. È evidente che le conseguenze più pesanti si avranno sulle attività produttive interne al paese asiatico, ma l’interconnessione globale dell’industria e dei commerci determinerà ricadute in maniera più o meno ampia su tutto il pianeta. La Cina è una potenza economica che alimenta le catene di produzione in tutto il mondo, ma la crescita degli ultimi decenni ha portato un maggiore benessere economico nel paese trasformandolo in un mercato interessante per il settore turistico e per i beni di lusso.
È stato calcolato che l’epidemia di Sars del 2003 ebbe un costo globale di circa 40 miliardi di dollari: ma il confronto con diciassette anni fa può servire fino ad un certo punto, perché da allora il ruolo cinese nell’economia globale e la stessa Cina sono profondamente cambiati, a partire dal numero di viaggiatori cinesi all’estero che è passato dai 20 milioni del 2003 ai 150 milioni nel 2018.
Secondo il S&P Global Ratings, una contrazione del 10% di servizi quali i trasporti, l’intrattenimento e la ristorazione determinerà un calo del Pil cinese del 1,2%, mentre il Wall Street Journal prevede una contrazione dell’1%.
Un documento di analisi fornito dalla Fondazione Italia Cina prova a quantificare l’impatto dell’isolamento forzato sui settori del turismo, della ristorazione, dell’intrattenimento e sulla produzione industriale.

Turismo: in calo i viaggi interni e all’estero
Le misure di isolamento imposte per arginare la diffusione del virus, avviate in concomitanza con le festività del Capodanno cinese, hanno avuto un forte impatto sul turismo nazionale e internazionale. Si stima che per queste feste sarebbero stati effettuati fino a 3 miliardi di spostamenti, che conteggiano anche 400 milioni di migranti interni di rientro a casa. Nell’ultima settimana di gennaio il settore dei trasporti ha subito un calo del servizio del 28,8% rispetto all’anno precedente; la riduzione interessa per il 42% il trasporto aereo civile, per il 41% il trasporto ferroviario e il 25% il trasporto rotabile.
Agli spostamenti interni si aggiunge il turismo internazionale che nel 2018 ha visto circa 150 milioni di spostamenti e una spesa estera dei turisti cinesi che si aggira sui 277 miliardi di dollari. Il governo di Pechino ha imposto la sospensione dei viaggi organizzati di gruppo, principale modalità di spostamento dei turisti cinesi in particolare in Europa. In Italia le città d’arte si sono già accorte del calo consistente delle presenze, e per Milano il sindaco Giuseppe Sala ha stimato una riduzione del 40% del turismo cinese, voce che porta alla città circa 300 milioni di euro ogni mese.
Correlato al turismo internazionale, soprattutto in Italia, è il settore del lusso, che raccoglie un interesse sempre maggiore tra i cinesi. Secondo i dati riportati nel documento della Fondazione Italia Cina, circa un terzo del mercato globale dei beni di lusso è determinato dai consumatori del colosso asiatico.

Brusca frenata per ristoranti e divertimenti
L’epidemia ha frenato improvvisamente l’industria del divertimento collegata alle festività per il Nuovo Anno Lunare. Cinema, stadi, teatri e parchi dei divertimenti sono stati chiusi forzatamente e viene stimata una perdita per il solo periodo delle vacanze pari a 1 miliardo di dollari.
Lo stesso vale per la ristorazione, che negli ultimi anni aveva segnato tassi di crescita annuali attorno al 10% e che ora subisce l’isolamento imposto ai cittadini e le limitazioni negli spostamenti.

L’impatto sulla produzione industriale
La provincia dello Hubei si caratterizza per un’importante produzione industriale di base che riguarda in particolare i settori metallurgico, l’automotive, la chimica, il tessile, l’elettronica e l’industria navale: nel 2017 nella provincia sono stati prodotti il 9,2% dei veicoli a motore cinesi e il 12,9% dei prodotti hi-tech; principali partner nell’export dell’Hubei sono Hong Kong, gli Stati Uniti e l’India.
La città di Whuan vale da sola l’1,6% del Pil cinese ed è conosciuta come la capitale dell’automobile, oltre a essere sede di un importante distretto di alta tecnologia nel settore ottico e biomedicale.
Complici le festività, le autorità hanno deciso di prolungare la chiusura degli stabilimenti fino all’8 febbraio, ma già così si sono avuti i primi contraccolpi sulle catene di approvvigionamento di una produzione industriale che è basata sul just-in-time. Un caso è quello della giapponese Honda Motor, che a Whuan ha la metà dei propri stabilimenti, ora in difficoltà nel rifornire le aziende del marchio che hanno sede a Canton.
Le previsioni sono di un effetto a cascata del blocco produttivo che ha già iniziato a interessare anche imprese a livello globale, in particolare nel settore automobilistico e meccanico.