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Oceani sempre più caldi, danni in aumento

Più cicloni, meno fauna marina, ghiacciai addio. È quanto prevede il nuovo rapporto dell’Ipcc (Onu). Un documentato e autorevole avvertimento su quel che il cambiamento climatico sta provocando e provocherà agli oceani, al ghiaccio marino e terrestre, ai poli e sulle montagne

Nel 21esimo, a causa del riscaldamento globale, gli oceani vedranno un aumento senza precedenti delle temperature e della acidificazione, un calo dell'ossigeno, ondate di calore, piogge e cicloni più frequenti e devastanti, aumento del livello delle acque, diminuzione degli animali marini. Lo scioglimento dei ghiacciai montani metterà a rischio le forniture idriche e le coltivazioni. È quanto scrive l’Ipcc (Intergovernmental panel on climate change) il comitato scientifico sul clima dell’Onu, che lo scorso 26 settembre ha presentato il suo nuovo Special Report on the Ocean and Cryosphere in Changing Climate. Il rapporto va a integrare quello uscito a maggio su Cambiamento climatico e territorio, e quello su Riscaldamento globale a 1,5 gradi uscito nell’ottobre del 2018.

Eventi estremi sempre più frequenti
Secondo l’Ipcc, nel 21esimo secolo gli oceani sono destinati a “condizioni senza precedenti di aumento di temperature, maggiore stratificazione dei livelli superficiali, ulteriore acidificazione”, oltre a un declino dell’ossigeno e un’alterata produzione primaria netta, termine con cui si indica la produzione di pesci e alghe. Ondate di calore marine ed eventi estremi come El Niño e La Niña sono destinati a diventare più frequenti. Fenomeni che coinvolgevano il livello del mare che erano storicamente rari (uno al secolo nel passato) sono destinati ad avvenire più di frequente (almeno una volta all'anno) in molte zone al 2050, specialmente nelle regioni tropicali. L'aumento del livello del mare continuerà anche oltre il 2100”.
Una diminuzione nella biomassa globale degli animali marini, nella loro produzione e nel potenziale di pesca, e un cambiamento nella composizione delle specie è previsto nel 21esimo secolo negli ecosistemi oceanici. I cambiamenti futuri nella criosfera sulla terraferma (i ghiacciai montani e le coperture polari) sono destinati a colpire le risorse idriche e i loro usi, come l’idroelettrico e l’agricoltura. Gli incendi si prevede che aumenteranno in modo significativo per il resto del secolo nella tundra e nelle regioni boreali, così come in alcune regioni montane".

Scioglimento dei ghiacciai destinato a crescere
Il rapporto sostiene che la perdita di massa globale dei ghiacciai, la fusione del permafrost e il declino nella copertura nevosa e nell’estensione dei ghiacci artici è destinata a continuare nel periodo 2031-2050, a causa degli aumenti della temperatura di superficie, “con conseguenze inevitabili per straripamenti di fiumi e rischi locali”. La grandezza di questi cambiamenti della criosfera è destinata ad aumentare ulteriormente nella seconda metà del 21/o secolo”.

Cosa succede nel Mediterraneo
Il Wwf ha anticipato il rapporto Ipcc con il dossier “La crisi climatica nel Mediterraneo: alcuni dati” che prende in esame “una delle regioni maggiormente a rischio per gli effetti del cambiamento climatico nel mondo”, un mare relativamente chiuso – con stretti passaggi di comunicazione con l’Oceano Atlantico (stretto di Gibilterra) e con il mar Nero (stretto del Bosforo) – poco profondo e le cui acque quindi si riscaldano a tassi superiori rispetto a quelli degli oceani. Il rapporto avverte che “Gli impatti che stanno affliggendo e affliggeranno i sistemi naturali colpiranno inevitabilmente le persone e le attività economiche, mettendo a rischio le società”.
Il dossier ricorda che “la temperatura delle acque superficiali è aumentata anche di 1,8 gradi e oltre, raggiungendo in estate anche i 30°C, mentre quella delle acque profonde di 0,2 gradi; negli abissi le temperature potrebbero aumentare anche di 1 grado, un aumento enorme per quanto riguarda le profondità marine”.
A causa dell’aumento della temperatura delle acque, nel Mediterraneo, sono comparse e si sono sviluppate specie tipicamente tropicali. Il Wwf spiega che “su circa 17 mila specie ospitate dal Mediterraneo, si calcola che mille siano aliene, cioè originarie di altre zone del mondo, portate dalle imbarcazioni o da altre attività umane e poi sviluppatesi grazie al clima favorevole, in competizione con le specie già presenti nel nostro mare e a loro volta già sofferenti a causa dell’innalzamento della temperatura”.
In diverse aree del Mediterraneo, nelle zone ipossiche, si potrebbero verificare morie di massa della fauna marina, anche per la carenza di ossigeno. “A tutto questo – si legge nel dossier Wwf – si aggiunge il fenomeno dell’acidificazione, un effetto diretto dell’incremento della CO2 in atmosfera che poi si scioglie nelle acque marine formando acido carbonico e provocando una diminuzione del PH, con effetti gravi su alcune specie, soprattutto quelle che presentano scheletri calcarei (per esempio il corallo rosso)”.
Il Wwf sottolinea che “i danni alle singole specie e la distruzione degli habitat hanno ricadute immediate e a lungo termine per le donne e gli uomini che vivono nella regione, dalle attività di pesca alla protezione dall’erosione e dalle inondazioni delle aree costiere: in termini strettamente economici si è calcolato che le sole risorse biologiche (pesca) nel Mediterraneo hanno un valore annuo di circa 500 miliardi di euro”.