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La partita a scacchi del Venezuela

La situazione sembra da tempo sul punto di precipitare, ma il presidente Maduro è sempre al suo posto e l’opposizione di Guaidò appare in stallo. Ciononostante si moltiplicano i fronti di mediazione per mettere fine alla drammatica situazione in cui versa il Paese

Sull’orlo del precipizio finanziario, logorato dalle sanzioni Usa, il presidente del Venezuela, Nicolas Maduro, resta incollato alla poltrona, forte dell’appoggio di gran parte dell’esercito. Il 15 maggio scorso un altro duro colpo al regime è arrivato dal dipartimento ai trasporti statunitense, che ha annunciato la sospensione di tutti i voli di linea e commerciali tra Stati Uniti e Venezuela. La decisione è stata motivata con le crescenti preoccupazioni legate alla sicurezza, visti i disordini in atto nel Paese sudamericano.
Ma il costante caos e gli episodi clamorosi che a più riprese hanno illuso gli osservatori internazionali su un imminente cambiamento di regime, sono rimasti lettera morta. Nonostante il governo chavista mostri i muscoli con l’opposizione, come dimostra l’arresto del deputato Edgar Zambrano, braccio destro del leader dell’opposizione Juan Guaidò, dietro le quinte gli opposti schieramenti provano a parlarsi. È stato lo stesso presidente dell’Assemblea nazionale venezuelana a confermare i contatti tra membri del chavismo e dell’opposizione in Norvegia, ringraziando “il Gruppo di contatto Ue, il Gruppo di Lima, i nostri alleati e (...) anche il governo della Norvegia che tenta una mediazione”. Tuttavia, in una recente intervista, al canale televisivo Vpitv il 23 maggio, Guaidò ha precisato che quello in corso in Norvegia non è un dialogo tra le parti. “Il regime – ha detto – usa la parola dialogo per tergiversare, per guadagnare tempo. L’ho detto fin dall’inizio: non ci presteremo a falsi dialoghi. La Norvegia – ha precisato – così come il gruppo di contatto internazionale, vuole facilitare le elezioni libere, vuole mediare per ottenere una soluzione politica”. L’autoproclamato presidente ad interim del Venezuela ha poi dichiarato che dovrà essere il governo di Nicolas Maduro a decidere “come sarà la transizione, se con la forza o aprendo le porte della transizione. Ci sono le opzioni, o la cessazione dell’usurpazione, la realizzazione di un Consiglio nazionale elettorale indipendente e una transizione democratica, oppure optare per l’uso della forza, perché ci sono anche abbastanza militari insoddisfatti”, ha detto.

Le mediazioni internazionali
Quella venezuelana è una partita a scacchi tra Maduro e Guaidò con alle spalle Russia e Cina da un lato, Stati Uniti dall’altro, dove ogni giocatore sta ancora cercando la mossa decisiva per vincere la sfida. In questo contesto, due attori certamente non imparziali come l’Ue (filo Guaidò) e Cuba (filo Maduro) provano a dire la loro. Nell’incontro del 24 maggio a Bruxelles tra l’Alto rappresentante Ue per la politica estera, Federica Mogherini e il ministro degli Esteri cubano, Bruno Rodriguez, il Venezuela è stato uno dei temi di primo piano nei colloqui.
Il 16 maggio, Maduro aveva incontrato una delegazione del Gruppo internazionale di contatto dell’Unione europea (Ue) con cui ha esaminato la crisi che da mesi affligge il Venezuela. In un tweet Maduro ha precisato che durante l’incontro ha sottolineato ai delegati “la mia disposizione a risolvere le divergenze interne attraverso il dialogo”. Inoltre, ha concluso, “abbiamo conversato sulle aggressioni economiche dell’Impero degli Stati Uniti contro il nostro popolo”. Della delegazione faceva parte anche il sottosegretario agli Esteri italiano, Ricardo Merlo.
La soluzione ideale, ricordata anche dal ministro degli Esteri italiano, Enzo Moavero Milanesi, è quella di arrivare a nuove e libere elezioni, prospettiva però sempre rigettata da Maduro. L’Italia, ha ribadito ancora una volta Moavero il 23 maggio scorso intervenendo al forum Ansa, non riconosce “come legittime le ultime elezioni presidenziali in Venezuela e quindi non riconosciamo Maduro come legittimo presidente. Riconosciamo tuttavia come legittime le elezioni dell’Assemblea nazionale che ha poi eletto in suo seno Guaidò: non abbiamo però ritenuto – e questo è l’elemento di differenza con gli altri partner europei - che personalizzare lo scontro in una situazione già difficile aiutasse la soluzione della crisi”.

La catastrofe umanitaria
A prendere posizione nel braccio di ferro tra regime e opposizione sono anche i vescovi del paese latinoamericano. Intervistato dall’emittente italiana Tv2000, il presidente della Conferenza episcopale venezuelana, monsignor Josè Luis Azuaje Ayala, è stato chiaro: “spesso – ha detto – noi vescovi veniamo accusati dal governo di essere degli oppositori. Purtroppo in Venezuela è tutto polarizzato: o è bianco, o è nero. Certo è, che se stare dalla parte dei poveri, del rispetto dei diritti umani, vuol dire essere all’opposizione, allora sì: siamo all’opposizione”. Azuaje Ayala ha quindi sottolineando che l’opposizione dei vescovi venezuelani “non è politica, ma umana: per la speranza dell’uomo”. In Venezuela le medicine sono introvabili e il prezzo del cibo è alle stelle. “Siamo sul bordo di un precipizio - ha denunciato la direttrice di Caritas Venezuela, Janeth Marquez, ai microfoni di Tv2000. “Questa crisi – ha aggiunto – sta distruggendo la vita di tutti i venezuelani. La maggioranza dei bambini nati negli ultimi cinque anni stanno crescendo in una condizione di malnutrizione cronica. La loro salute ne risentirà per tutta la vita. E poi, abbiamo quasi quattro milioni di venezuelani che hanno lasciato il Paese con un costo sociale enorme: famiglie spezzate, bambini e anziani lasciati soli. Caritas Venezuela sta facendo tutto il possibile ma abbiamo mezzi limitati. Noi chiediamo l’apertura urgente di un canale per gli aiuti umanitari”.