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Sharing mobility, un fenomeno inarrestabile

La mobilità condivisa in Italia è in costante crescita ed evoluzione. Ma lo sviluppo del fenomeno di condivisione delle bici potrebbe essere favorito da maggiori investimenti, mentre il servizio delle auto è concentrato in poche città

La Sharing mobility è un fenomeno socio-economico partito in sordina, ma che sta pian piano diventando parte della nostra quotidianità, e che sta investendo tutto il settore dei trasporti, tanto dal lato della domanda quanto dell’offerta. Si prevede che, nel 2020, il business della mobilità condivisa varrà 6,2 miliardi di euro e coinvolgerà 12 milioni di persone. Numeri interessanti, ma qual è lo stato dell’arte in Italia?
In Italia i servizi che hanno avuto maggiore diffusione sono il bike sharing e il car sharing ma stanno facendo capolino anche il carpooling, il bus sharing e il park sharing, oltre alle app che in un’unica piattaforma permettono di prenotare e acquistare tutta la sharing mobility oggi a disposizione nelle città italiane.
Il report dell’Osservatorio nazionale sharing mobility - nato da un’iniziativa del Ministero dell’Ambiente e della Fondazione per lo sviluppo sostenibile e composto da più di 50 membri fra cui tutti gli operatori di sharing – rivela come negli ultimi anni i numeri siano lievitati per arrivare a oltre 29mila biciclette offerte in bikesharing e oltre 6.600 auto in carsharing, entrambi nelle due formule free floating (l’auto e la bici che si preleva e lascia ovunque) e station based (si preleva e lascia in appositi spazi).

Benefici per ambiente e traffico
Da un’indagine fatta dall’agenzia francese per la protezione dell’ambiente (Ademe, 2013) emerge che in media, in seguito all’iscrizione al servizio di carsharing, un individuo registra un aumento del 31% dei suoi spostamenti a piedi, del 30% dell’uso della bicicletta e del 25% del trasporto pubblico urbano e del treno.
Ma non solo. La stessa indagine ha rilevato: la riduzione delle percorrenze con veicoli privati tra il 16% e 20%; la riduzione delle emissioni di CO2 del 30%; riduzione del numero di auto di proprietà tra il 10 e il 40% per chi sceglie carsharing e circa il 50% degli utenti di bikesharing che passa dal volante al manubrio.
Dalle indagini sull’uso del carpooling extraurbano (tipo BlaBlacar) emerge che il carpooling di media-lunga distanza permette una riduzione delle emissioni di CO2 di circa il 12% per equipaggio. Le indagini su campioni di utenti che utilizzano un servizio di carpooling di breve distanza rivelano che vi siano riduzioni considerevoli delle percorrenze veicolari complessive e una diminuzione delle emissioni di CO2 fino al 30%.

Luci e ombre
Se ormai sono riconosciuti i vantaggi su traffico, inquinamento, salute, in Italia manca ancora la massa critica rispetto ad altre realtà europee: lo sviluppo del fenomeno di condivisione delle bici è frenato dalla riduzione all’osso dell’investimento pubblico, mentre il servizio delle auto è confinato in poche città e non si diffonde nei territori periferici. Tuttavia è un fenomeno che non può essere ignorato e l’Europa sta spingendo perché sia sostenuto dai vari Paesi con interventi strutturali adeguati.
Bike sharing - L’Italia è il Paese europeo in cui la diffusione del bike sharing, in termini di numero di servizi attivi, è più alta (in Francia, paese in cui sono molto attivi, i servizi attivi non superano le 40 città). A fine 2017 è stata toccata quota 192 servizi con oltre 29mila biciclette circolanti, di cui quasi 13mila senza stazione fissa, novità del 2017 che sta cambiando le abitudini di noleggio degli utilizzatori.
Car sharing - 30 servizi attivi per un parco auto di 6.644 unità, con un aumento di circa 500 veicoli rispetto al 2016 (da segnalare la crescita delle flotte elettriche in poche grandi aree urbane). Questi i numeri attuali del car sharing che ha preso il via in Italia nel 2001 grazie al servizio station based.
Con l’ingresso del servizio di car sharing free floating nel 2013, il car sharing italiano ha innestato un’altra marcia. Il numero di veicoli condivisi globalmente in Italia tra il 2013 e il 2015 è quadruplicato, mentre il numero degli iscritti e dei noleggi è cresciuto rispettivamente di 12 e 30 volte. Tutte le 12 città italiane con popolazione superiore a 250mila abitanti dispongono di almeno un servizio di car sharing.
Scooter sharing - In calo lo scooter sharing, a causa dell’uscita del primo operatore dal segmento. Si segnala l’attività di operatori che propongono veicoli elettrici.

I dati di utilizzo del car sharing in Italia

A confermare il successo del car sharing in Italia anche Urbi, società che ha sviluppato un’app che aggrega i principali sistemi di mobilità urbana e condivisa – car, bike, scooter sharing -, che in un report presentato recentemente e dedicato al car sharing rileva come negli ultimi sei mesi su circa 5.000 veicoli monitorati si siano registrate 4.265.000 di prenotazioni, 1.800.000 ore di noleggio, circa 30.000.000 di km percorsi e una crescita del 35%.
L’utilizzatore medio dei sistemi di sharing mobility è maschio, ha tra i 25 e i 34 anni. Secondo i dati raccolti da URBI sui suoi utenti, il 75% è uomo e il 25% è donna. Per quanto riguarda le età, il 34% ha tra i 24 e i 35 anni, mentre il 25% si colloca nella fascia di età 35-44 anni; il 15,5% ha 18-24 anni, il 15% tra i 45 e i 54 anni. Chiudono il 14% degli utenti di età compresa tra i 55 e i 64 anni e un 7% degli over 65.

L’auto di proprietà scomparirà?
Difficile dire se l’auto di proprietà andrà a scomparire. Dal lato della domanda, la sharing mobility ha dato il via ad una trasformazione del comportamento dei consumatori che tendono progressivamente a preferire l’accesso temporaneo ai servizi di mobilità piuttosto che utilizzare il proprio mezzo di trasporto. Dal lato dell’offerta, questo fenomeno ha favorito la diffusione di servizi di mobilità che utilizzano le tecnologie digitali per facilitare la condivisione di veicoli e/o tragitti realizzando servizi scalabili, interattivi e più efficienti, aprendo a nuove opportunità di business.
La possibilità di una diffusione più pervasiva e rapida della sharing mobility dipenderà sempre di più dagli investimenti delle città in comunicazione, infrastrutture e dalle innovazioni tecnologiche. Al momento il possesso dell’auto è ancora fondamentale per la nostra mobilità, sia per cultura sia per necessità. Per cambiare definitivamente le abitudini degli italiani ci vogliono delle valide alternative che oggi non ci sono, soprattutto nei piccoli centri. È necessaria una maggiore disponibilità di servizi, soprattutto di servizi pubblici tradizionali e di infrastrutture (stazioni di interscambio, piste ciclabili, parcheggi dedicati, etc).