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Il Venezuela lancia il suo Bitcoin

Assediato dai creditori, dichiarato fallito da S&P, punito dalle sanzioni Usa, il Paese latinamericano prova a uscire dall’angolo con una propria criptovaluta: Petro

Sarà una criptovaluta a salvare il Venezuela? Sono in molti, nel mondo, a sperare di replicare il successo del Bitcoin, che ha ormai sfondato quota 15 mila dollari e ha debuttato sul mercato dei Futures. Ci prova anche il paese guidato dal presidente Nicolas Maduro, dichiarato alcuni giorni fa parzialmente fallito dall’agenzia di rating Standard & Poor’s. Già a novembre 2016 Maduro aveva detto di voler fare di Caracas il più grande hub mondiale per i miners di bitcoin, i cercatori d’oro digitale e controllori della stabilità e dell’affidabilità della blockchain.
È stato il presidente Maduro in persona ad annunciare il lancio della criptovaluta nazionale: si chiamerà Petro e sarà agganciata alle riserve di petrolio, oro, gas e diamanti del Paese, “per assicurare la sua sovranità monetaria, per procedere alla transazioni finanziarie malgrado il blocco finanziario imposto dagli Stati Uniti”, ha spiegato Maduro nel corso del suo messaggio settimanale alla nazione. Durante le cinque ore di programma non ha dato ulteriori dettagli su come funzionerà la valuta, né su quando verrà lanciata. Ma considerata la situazione economica e di politica internazionale del Paese, non si può escludere che l’idea del presidente venezuelano sia quella di creare una moneta digitale per vendere le risorse naturali venezuelane direttamente in circuiti internazionali, aggirando così gli istituti centrali e il controllo dei governi (e quindi le sanzioni americane). Il piano di Maduro si configura come un’applicazione completa delle tecnologie legate a Bitcoin e Blockchain, ma controllata dallo Stato. Il governo ha annunciato anche la nascita di un Osservatorio Blockchain che avrà il compito di creare una piattaforma di trading in criptovaluta, da legare alle altre criptovalute e consentire così la vendita delle proprie ricchezze naturali aggirando i blocchi degli istituti centrali.
Al momento il Venezuela deve pagare circa 140 miliardi di dollari a creditori stranieri a seguito della profonda crisi economica che l’ha colpito. Il Paese ha un’inflazione cumulata nell’ultimo trimestre su base annua che viene stimata al 4.500% e un reddito da salario minimo mensile che al cambio reale (quello del mercato nero, per intenderci) vale circa 3,4 dollari americani: solo lo scorso anno, il bolivar venezuelano ha perso il 95,5% sulla valuta statunitense.