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Come gestire il rischio climatico

Le aziende e gli investitori sono chiamati a sviluppare approcci più quantitativi per analizzare gli impatti legati al clima, oltre a fornire una disclosure ambientale trasparente che tenga conto chiaramente delle misure di mitigazione messe in atto

I rischi ambientali stanno diventando un elemento centrale per la corretta gestione del business, in quanto l’urgenza e la complessità del tema rendono l’identificazione, la gestione e la mitigazione di queste minacce sempre più strategiche. Secondo Abulenta Librazhdi, partner di Deloitte Risk Advisory, attualmente c’è un rilevante livello di consapevolezza da parte delle aziende italiane sull’importanza e sull’opportunità di sviluppare e integrare i fattori Esg all’interno dei loro processi organizzativi.
“Analizzando il panorama italiano – spiega – sono i principali istituti finanziari e large corporate che ricoprono un ruolo pionieristico nella transizione verso un’economia green a causa della forte pressione normativa che le ha portate a sviluppare una maggiore consapevolezza verso i rischi climatici e le opportunità legate alla sostenibilità”. Dall’altra parte, aggiunge Librazhdi, le Pmi, ispirandosi alle best practice delle large corporate, “iniziano a impostare un percorso di sostenibilità in linea con le richieste di mercato e le future richieste normative, come ad esempio la corporate sustainability reporting disclosure”, norma europea che modernizza e rafforza gli obblighi di rendicontazione sulle tematiche Esg.

Non è consentito fallire

Il cambiamento climatico è una delle sfide determinanti del ventunesimo secolo, ricorda l’esperta di Deloitte: “come abbiamo potuto sperimentare con le recenti alluvioni in Emilia-Romagna, gli impatti di questo fenomeno si ripercuotono sull’intero ecosistema ambientale, sulla società e sull’economia internazionale”. Non a caso il World Economic Forum classifica il Fallimento di mitigazione del cambiamento climatico e il Fallimento di adattamento al cambiamento climatico come le più gravi minacce su scala globale nel breve (due anni) e lungo (dieci anni) termine. “Il rischio climatico – prosegue Librazhdi – è diventato pertanto un elemento di investimento impossibile da ignorare in quanto, non solo i disastri e le perdite economiche correlati ad esso stanno incrementando nel tempo, ma le autorità di regolamentazione lo riconoscono sempre più come un rischio finanziario sistemico”. Le aziende e gli investitori sono chiamati quindi ad adottare strategie mirate per gestire il rischio crescente, “sviluppando approcci più quantitativi per analizzare gli impatti legati al clima, oltre a fornire una disclosure ambientale trasparente che tenga conto chiaramente delle misure di mitigazione messe in atto”.

I nuovi fattori e la gestione delle minacce tradizionali

Il framework regolamentare in cui si muove la gestione dei rischi Esg, secondo Librazhdi, può essere suddiviso in due principali stream normativi: quello obbligatorio e quello volontario. “Da un lato, negli ultimi anni, i regolatori europei si stanno concentrando sempre più su gestione e integrazione dei fattori di sostenibilità nei modelli di business degli attori finanziari, come testimoniato dall’applicazione dei requisiti previsti da Pillar III, tassonomia europea, aspettative di vigilanza di Bankitalia e guida della Bce. Diversamente – aggiunge l’esperta di Deloitte – la maggior consapevolezza rispetto all’integrazione delle tematiche Esg nei sistemi di risk management ha portato alla nascita di linee guida e framework volontari pubblicati da diverse organizzazioni (ad esempio la Task force on climate-related financial disclosures e la Taskforce on nature-related financial disclosures) con lo scopo di supportare le imprese nello sviluppo di un percorso strategico”.
A causa della crescente spinta normativa, secondo Librazhdi le aziende risultano principalmente impattate sia dal livello di trasparenza richiesto nella disclosure, sia dallo sviluppo di metodologie, modelli e approcci ad hoc necessari per rispondere agli obblighi normativi. Pertanto, osserva, “se la disclosure risulta essere il mezzo per comunicare il livello di esposizione ai rischi Esg e le relative opportunità di business, lo sviluppo di framework quali-quantitativi si rende necessario per permettere alle aziende di identificare, analizzare e monitorare i rischi Esg a cui sono sottoposte. Tra questi, l’analisi di scenario e i climate stress test rappresentano gli strumenti più utilizzati in quanto permettono di valutare gli impatti dei rischi climatici e meteorologici al livello di dettaglio necessario per identificare azioni o strategie di adattamento specifiche da integrare all’interno dei risk model delle aziende”.

I settori più sensibili

In conclusione, evidenzia Librazhdi, “possiamo affermare che tutti i settori risultano essere, in maniera diversificata, impattati dai rischi Esg, a causa della diversa esposizione delle organizzazioni ai rischi ambientali, sociali e di governance, ma ci sono settori maggiormente sensibili a determinati rischi rispetto ad altri”.
Il settore petrolifero, ad esempio, è intrinsecamente connesso alla generazione di emissioni di gas serra e all’inquinamento derivato dalle perdite di combustibile. Allo stesso modo, poiché le aziende tessili sono ad alta intensità di manodopera, la gestione del capitale umano e della salute e sicurezza dei lavoratori sono considerati rischi sociali fondamentali. “Parimenti – conclude Librazhdi – sotto il profilo della governance il settore pubblico risulta essere uno dei settori maggiormente impattati a causa delle attività e dei servizi erogati che lo rendono particolarmente soggetto al rischio di corruzione”.