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Fame di energia: l’Europa cerca l’accordo sul Price-cap

Il 30 settembre, al prossimo Consiglio europeo sull’energia, gli Stati membri cercheranno l’accordo per fissare il prezzo massimo dell’elettricità prodotta con fonti diverse dal metano a 180 euro al Mwh

Sarà discussa il prossimo 30 settembre, quando è stato convocato un nuovo Consiglio europeo sull’Energia, la proposta sul price cap, il tetto al prezzo del gas fissato dai paesi Ue. Una data attorno a cui c’è molta attesa, sebbene il quadro tra i Paesi membri fino a poche settimane fa appariva ancora molto frammentato.

Tra i paesi più restii alla proposta (di cui l’Italia è uno dei principali sponsor) ci sono i Paesi Bassi. Il premier olandese Mark Rutte, al termine dell’ultimo Consiglio straordinario dell’Ue, aveva dichiarato alcuni giorni fa di avere ancora “delle domande e delle preoccupazioni ma guardiamo con favore alle proposte presentate dalla Commissione Europea, incluso un 'price cap' al gas russo”.
La commissaria europea per l'Energia, Kadri Simson, ha precisato che “diversi ministri ci hanno chiesto di analizzare il price cap per il resto del gas importato dall'Ue: se lo scopo della nostra politica è contrastare la manipolazione russa delle consegne di gas all'Ue, ha senso prendere di mira solo il gas russo”.

Simson ha però detto che “in questa fase nulla è fuori discussione” ma, ha sottolineato Simson, "un tetto generalizzato alle importazioni di gas, incluse quelle di Gnl, potrebbe presentare una sfida alla sicurezza dell'approvvigionamento”.

Per quanto riguarda l’Italia, il ministro della transizione ecologica Roberto Cingolani è chiaro: il tetto europeo si deve fare il 30 settembre. “Se però non andrà così, e francamente sarei molto meravigliato, bisognerà trovare per forza contromisure per tagliare il prezzo del gas a livello nazionale”, ha spiegato Cingolani in un’intervista al quotidiano Il Messaggero. L’idea è quella di acquistare il gas al prezzo di mercato, spiega Cingolani e “rivenderlo a prezzi inferiori”, diversamente da come fanno Spagna e Portogallo che hanno poche interconnessioni con la rete continentale. La misura è necessaria poiché senza, continua il ministro, le bollette “rimarranno alte per molto tempo”. Si potrebbe anche segnare un precedente in Europa dato che “se vendiamo il gas a prezzo basso, lo vendiamo a chiunque, non solo agli italiani. Sarebbe un paradosso”. In ogni caso, ha ricordato il ministro, la proposta italiana prevede “un prezzo temporaneo”.

Come potrebbe essere realizzato

Introdurre un tetto di prezzo massimo sul gas russo, così come richiesto dalla presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, “è ragionevole perché - ha spiegato Simson - il contesto di questa misura è che la Russia guadagna enormi profitti manipolando e limitando artificialmente l'offerta per aumentare i prezzi, e il tetto potrebbe ridurre questi profitti”.

Ma quale aspetto potrebbe avere il price cap? Secondo le prime indiscrezioni pubblicate da Il Corriere della Sera, la Commissione sarebbe intenzionata a fissare il prezzo massimo dell’elettricità prodotta con fonti diverse dal metano a 180 euro al Mwh (per raffronto, nell’ultimo periodo l’unità energetica si aggira sui 450 euro). Attualmente il prezzo dell‘elettricità è legato a quello del gas. Quando quest’ultimo aumenta, anche quello della corrente elettrica sale di conseguenza. Gli incrementi, però, non riflettono direttamente la disponibilità reale, poiché l’elettricità può essere prodotta anche da altre fonti. E molte di queste, al momento, sono più economiche del gas.

Produrre un Mwh di energia bruciandola costa proprio 180 euro, ma non si tratta della fonte più economica. Fotovoltaico, eolico e idroelettrico costano, nel combinato, tra 62 e 65 euro al Mwh. Secondo quanto trapela, saranno i singoli Stati a poter scegliere una quota massima, purché il non venga superato il tetto fissato dalla lignite, un combustibile fossile molto inquinante e simile al carbone che tutt’ora rappresenta la principale fonte di energia elettrica per Germania e Polonia.
Quel che rimane da fare è decidere come verrà distribuita l’energia a prezzo ridotto, e soprattutto superare le resistenze dei paesi del nord Europa, ancora non del tutto convinti.

Tassare gli extra profitti dei produttori

L’altra iniziativa in discussione riguarda la tassazione dei guadagni delle società produttrici di energia. La Commissione punta a raccogliere 140 miliardi di euro imponendo un prelievo sugli extra profitti delle compagnie energetiche. Una somma che si comporrebbe di 117 miliardi di euro da ottenere fissando un tetto massimo (180 €/MWh) ai prezzi dei generatori di elettricità non da gas tra dicembre 2022 e marzo 2023. E di 23 miliardi di euro da raccogliere imponendo agli estrattori di combustibili fossili europei di restituire il 33% dei profitti in eccesso per l'anno fiscale in corso.

Il 30 settembre gli Stati membri metteranno ai voti anche questa proposta. Trattandosi di fondi che saranno reindirizzati a famiglie e imprese colpite dal caro bollette, una maggioranza che approvi la misura sembrerebbe scontata. “Per facilitare un accordo – scrive l’Ispi sul proprio sito – la Commissione ha puntato a un tetto al prezzo piuttosto elevato, per poi concedere agli Stati membri la libertà di ridurlo. Ma così facendo i 140 miliardi di euro che la proposta prevede di raccogliere non raggiungono nemmeno i 150 miliardi di misure previste la settimana scorsa dal solo Regno Unito contro il caro-energia”.

La proposta di Bruxelles arriva, poi, a mesi di distanza dall’adozione di misure simili da parte di alcuni Stati membri. E la ricerca di una compatibilità tra queste ultime e la proposta comunitaria rischia di indebolirne ulteriormente lo scopo e la portata. “Insomma, per contrastare la crisi energetica si procede a piccoli passi. Piccolissimi, se si considerano gli altri dossier sul tavolo di Bruxelles”, è il commento amaro dell’Ispi.

Anche sul tetto del prezzo sulle importazioni di gas (ancora da decidere se russo o da tutti), l’impressione dell’Istituto per gli studi geopolitici è che si navighi a vista. “L’Ue punta ora a trovare soluzioni condivise con i fornitori. Come dimostra la task force istituita con la Norvegia per negoziare riduzioni di prezzo, accolta favorevolmente proprio oggi dal premier norvegese Støre. Ma proprio Støre continua a dirsi scettico su un tetto europeo sul prezzo del gas. È davvero credibile che i produttori di energia assecondino le richieste europee per prezzi più bassi?”, si chiede l’Ispi.