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Ancora a rischio la ripresa dei consumi

La ripartenza economica in atto potrebbe subire un rallentamento per le conseguenze di una crescita dei prezzi negli ultimi tre mesi dell’anno, con un riflesso anche nel 2022. Il rischio è collegato a un’ipotesi di incremento dell’inflazione e all’impatto sulle tasche degli italiani dell’aumento delle bollette energetiche

Con la pandemia tenuta sotto controllo, il 2021 ha visto ripartire l’economia italiana con buoni risultati e un Pil a fine anno che dovrebbe attestarsi, secondo le stime recenti, attorno al 6%.
I consumi in crescita – ma il paragone è su un 2020 di scarsa attività - fanno parte del trend e si stanno attestando in media sui livelli aggregati del 2019; restano però indietro alcuni settori che registrano ancora ritardi a due cifre, tra i quali l’abbigliamento e le calzature.
La ripartenza economica si trova a dover fare i conti con un contesto ancora ricco di incognite, dove alla domanda in crescita si oppongono gli ostacoli di catene di approvvigionamento in perdurante difficoltà e ritardi nella produzione e nelle consegne. Le ragioni sono molteplici e risiedono nelle conseguenze di un sistema produttivo globale che nel 2020 ha subito un forte rallentamento dal quale non è ancora completamente uscito. Tra queste, la scarsità di materie prime, a cui si sono aggiunti quest’anno i rincari energetici.

Un aumento dell’inflazione potrebbe incidere sulle spese di Natale
La volontà di ripartire e uscire dalla crisi sta quindi facendo i conti con una realtà dove ancora molti fattori frenano la ripresa. Si manifesta una sorta di paradosso, per cui un’economia che vuole ripartire rischia di dover fare i conti con prezzi in aumento, con il rischio che questo aspetto si ripercuota proprio sulla crescita appena avviata dei consumi.
L’allarme è lanciato da Confcommercio, secondo cui un’eventuale impennata inflazionistica da qui a fine anno potrebbe ridurre i consumi delle famiglie – in particolare con l’avvicinarsi delle feste natalizie - e rallentare la crescita nel 2022.
In ogni caso, per il momento l’Ufficio Studi di Confcommercio non prevede per i prossimi mesi un aumento preoccupante dei prezzi al consumo per i paesi dell’area euro (una maggiore probabilità c’è per il Regno Unito) e lascia l’evento nel campo delle ipotesi.
Più probabile che i consumi soffrano di riflesso l’aumento dei costi per le spese necessarie, dovute al rincaro dei prezzi dell’energia che è già caricato sulle bollette di luce e gas.

L’impatto dell’aumento dei costi energetici
Proprio mentre si inizia a intravvedere una ripresa dei consumi, il rialzo dei prezzi potrebbe quindi far ripiombare il commercio in un periodo di crisi. Per l’Ufficio Studi di Confcommercio, nell'ipotesi di un aumento medio dei prezzi del 3% si perderebbero circa 2,7 miliardi di euro di consumi, se l’inflazione arrivasse al 4% i mancati consumi ammonterebbero fino a 5,3 miliardi. In ogni caso, quasi il 70% della perdita deriverebbe da un’immediata riduzione del potere d’acquisto del reddito disponibile, il resto dall’erosione della ricchezza finanziaria trattenuta dai risparmiatori in forma liquida. In pratica, le perdite dei consumi sopra stimate sarebbero la conseguenza di un effetto del reddito reale negativo a cui si aggiunge la perdita di potere d’acquisto del risparmio liquido delle famiglie, cresciuto negli ultimi 20 mesi per le minori occasioni di spesa determinate dal lockdown e dalla riduzione della mobilità.
Secondo le stime, un incremento dell’inflazione dal 2% al 3% determinerebbe un calo medio dei consumi nel quarto trimestre del 1%; un incremento dal 2% al 4% porterebbe invece a un -1,9%.
Secondo le previsioni, se l’aumento tendenziale dei prezzi nel quarto trimestre supererà il 3%, questo avrà senz’altro un impatto sui consumi delle famiglie, a maggior ragione per il concomitante aumento della quota di spesa obbligata a causa dell’incremento dei prezzi di luce e gas.
Nell’ipotesi peggiore, un impatto negativo sui consumi potrebbe avere conseguenze anche per l’anno prossimo e influire sulla crescita economica del paese a causa del calo della domanda.