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Fine d’anno nero per le vendite al dettaglio

A novembre 2020, l’Istat ha stimato un calo dell’8,1% in valore e dell’8,4% in volume rispetto allo stesso mese del 2019. Crollano l’abbigliamento e i prodotti per i viaggi. Confesercenti lancia l’allarme fallimenti e critica la concorrenza del web

Non c’è Black Friday o cashback che tenga: il 2020 si è chiuso con un crollo (prevedibile) dei consumi al dettaglio, secondo le ultime rilevazioni di Istat. A novembre 2020, l’Istituto ha stimato un calo del 6,9% in valore e del 7,4% in volume rispetto al mese precedente, mentre su base annua la flessione è stata dell’8,1% in valore e dell’8,4% in volume. Colpa delle vendite dei beni non alimentari, che sono calate 13,5% in termini di volume. I consumi alimentari, invece, sono aumentati dell’1%. Pesano, ovviamente, gli effetti della pandemia, che agisce sulla fiducia dei consumatori e sulle concrete possibilità di spesa. Impressionante il calo di quei beni legati allo stare fuori di casa: calzature, articoli in cuoio e da viaggio crollano del 45,8%, mentre abbigliamento e pellicceria del 37,7%. Male anche il settore giochi, giocattoli, sport e campeggio (-22,9%); il -9,6% per cartoleria, libri giornali e riviste; e -9,5% per prodotti di profumeria e cura della persona. Ad aumentare, fa notare Istat, sono i consumi legati al lavoro e alla didattica a distanza, oppure l’informatica e la telefonia. Rispetto allo stesso periodo del 2019, le dotazioni per l’informatica, le telecomunicazioni, la telefonia segnano un +28,7%, mentre utensileria per la casa e ferramenta salgono del 2%.

Si teme per i fallimenti nel 2021

Secondo Confesercenti è stato un “grave errore” non spostare il Black Friday, perché, spiega l’associazione “con i negozi di nuovo sottoposti a restrizione, la giornata di sconti ha causato lo spostamento d’importanti quote di mercato verso l’online, che a novembre ha realizzato un incremento di oltre il 50%, il terzo aumento più importante di sempre, dopo giugno e ottobre scorso”. A novembre, ricorda Confesercenti, la seconda ondata della pandemia ha chiuso oltre 190mila negozi nelle regioni rosse, quelle sottoposte alle restrizioni più rigide, cui si sono aggiunte altre 68mila attività in Veneto, Friuli-Venezia Giulia ed Emilia-Romagna cui è stato imposto lo stop di domenica e almeno altri 50mila negozi nei centri commerciali chiusi per tutto il weekend. Ora c’è forte preoccupazione sui dati dei fallimenti delle attività nei primi mesi del 2021, che restituiranno un quadro fosco di uno dei settori che sta più patendo le misure messe in campo per fermare i contagi. Si teme, inoltre, che molti imprenditori decidano di interrompere l’attività a conclusione di un anno difficilissimo, condizionato dal deterioramento della liquidità e da fatturati esangui, nonché di una mancanza di regole sulla concorrenza dell’online che sta sbriciolando soprattutto le Pmi italiane.