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L’agricoltura fa fronte comune contro il cambiamento climatico

Life Ada è il nuovo progetto per aiutare il settore primario e resistere ai sempre più frequenti eventi meteo estremi. Si tratta di unire competenze scientifiche, digitali, economiche e di gestione del rischio con il fine di rendere più forti le aziende e con esse il Made in Italy agricolo

L’agricoltura è in prima linea nella difesa dagli effetti del cambiamento climatico, perché è il primo settore a soffrirne le conseguenze e perché, agendo direttamente sul territorio, ha la responsabilità di molte scelte in ambito ecologico e di tutela ambientale. La struttura del settore agricolo italiano però, costituita da una moltitudine di piccole imprese, potrebbe rallentare l’esigenza di una svolta che deve essere condivisa e coordinata. Non solo: le imprese non possono muoversi da sole ma necessitano di linee guida, di suggerimenti, di strumenti utili da un lato a costituire una agricoltura resiliente e dall’altro a mettere in atto azioni per la protezione dell’ambiente. Tutto questo amplificato dal fatto che il settore agricolo italiano è costituito da eccellenze di prodotto e di filiera, un patrimonio del Made in Italy che molto vale in termini di Pil e di export e che deve essere tutelato.
Da queste considerazioni è nato il progetto Life Ada (ADaptation in Agricolture) che unisce competenze di settori differenti allo scopo di aumentare la resilienza del settore agricolo di fronte ai cambiamenti climatici. Imprese e associazioni, enti di ricerca, economisti e istituzioni si sono aggregate in un progetto che avrà a disposizione un budget totale di quasi 2 milioni di euro, di cui circa la metà co-finanziata dall’Unione Europea, e destinato in particolare alle filiere dei prodotti lattiero-caseari (Parmigiano Reggiano in primis), del vino e dell’ortofrutta. Il progetto ha il suo epicentro in Emilia Romagna, ma verrà replicato in Veneto, Toscana e Lazio per un totale di 6mila singoli agricoltori coinvolti che potranno poi diventare 15mila a livello nazionale. Restando sulle tre filiere protagoniste, a lungo termine gli ideatori del progetto prevedono di toccare un bacino potenziale di 242mila aziende agricole, per un totale di 2,6 milioni di ettari di superficie agricola utilizzata (Sau).

Unire le competenze per crescere
Il progetto è stato presentato il 13 novembre scorso nel corso di un evento live cui hanno partecipato i partner dell’iniziativa, a partire dalla capofila Unipolsai a cui si sono uniti ARPAE Emilia-Romagna, Cia–Agricoltori Italiani, CREA Politiche e Bioeconomia, Festambiente, Legacoop Agroalimentare Nord Italia, Leithà e Regione Emilia-Romagna.
Pierluigi Stefanini, presidente del Gruppo Unipol ha sottolineato nell’apertura “l’esigenza della collaborazione tra pubblico e privato per affrontare un problema globale come il cambiamento climatico, mettendo a fattor comune competenze e strategie utili a creare soluzioni per il contenimento degli effetti e strumenti di sostegno alle imprese per mitigare gli impatti”.
Dino Scanavino, presidente di Cia – Agricoltori Italiani, ha evidenziato le tre direttrici che vedono coinvolte le imprese del settore nel progetto: “la riduzione delle emissioni che contribuiscono al cambiamento climatico, l’utilizzo efficiente delle risorse messe in campo nelle politiche agricole, incluso in Green New Deal europeo, e concretizzare il ruolo sociale degli agricoltori nella salvaguardia del territorio, tutti aspetti che richiedono però un confronto con università e centri di ricerca”.

L’impatto del clima sul territorio
Alla base del progetto Life Ada, un intenso ruolo degli enti di studio e di ricerca che hanno il compito di analizzare i dati climatici per monitorare l’andamento dei trend di mutazione, ma potranno anche offrire un supporto nell’analisi dell’ecosistema identificando gli effetti del cambiamento sulle risorse naturali e sugli animali, per aiutare le imprese agricole a mitigarne gli effetti ed eventualmente a fare scelte differenti rispetto alle specie da coltivare: un esempio è il recupero di cereali quasi dimenticati nell’alimentazione umana come il miglio e il sorgo, prodotti autoctoni che si mostrano più resistenti di fronte al caldo e alle crisi idriche in aumento nel nostro paese. Altri studi stanno interessando gli effetti del caldo sugli animali, ad esempio sulla produzione di latte, e l’analisi di specie di insetti che riescono a proliferare in un ambiente climatico diverso dal recente passato.
Un tema fondamentale è quello delle risorse idriche in un futuro che si prevede caratterizzato da minori precipitazioni ma a carattere più intenso, una modalità che impatta sul ciclo vegetativo delle piante e sui processi agricoli. La gestione delle risorse idriche, così come la concimazione, sono attività su cui molte aziende stanno iniziando ad applicare sistemi digitali di regolazione, un aspetto che per essere diffuso richiede iniziative per la crescita delle competenze dei lavoratori del settore.
Tra i tanti temi rilevanti, rientrano il ruolo fondamentale del settore nella cattura del carbonio e nella salvaguardia del territorio incolto, come i boschi.

Tra assicurazione e gestione del rischio
Per proteggere e far crescere il settore agricolo diventa necessario saper gestire i rischi e adottare strumenti di mitigazione quali quelli offerti dal settore assicurativo. In questo ambito c’è ancora molto da fare: in una regione avanzata come l’Emilia Romagna sono 12mila le aziende assicurate su 40mila del settore; a livello nazionale l’80% del mercato assicurativo in agricoltura è concentrato in otto province, risulta assicurato solo il 18% della produzione lorda e l’80% di questa cifra è raccolto nel Nord Italia, “come dire che oggi il Made in Italy agricolo non è protetto da strumenti assicurativi” ha sottolineato Fabian Capitanio, professore all’Università di Napoli e presidente di Food Trend Foundation, per il quale molti limiti degli interventi assicurativi nel settore possono essere risolti attraverso azioni di gestione del rischio attuate in maniera congiunta, che vedano un ruolo fattivo anche delle compagnie assicurative e sistemi di premialità PSR. La strada da fare in questo ambito è ancora lunga e complessa, per questo diventa auspicabile un sistema integrato con i centri di ricerca e le associazioni del settore che contribuiscano all’identificazione e alla diffusione di buone pratiche.