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I rischi personali

La nostra percezione delle minacce è strettamente correlata alla responsabilità che sentiamo verso le persone, le attività o le cose. In questo senso, la sua ampiezza non è determinabile né nello spazio né nel tempo

I fattori che contribuiscono a formare la nostra percezione del rischio possono essere organizzati in tre grandi famiglie. Innanzi tutto, vi sono le considerazioni immediatamente riconducibili alla salute e alla più generale responsabilità sia privata, ovvero verso noi stessi e i nostri cari, sia pubblica, verso altre persone anche sconosciute o anche verso altre cose. Vi sono poi fattori intrinseci alla modalità con la quale compiamo le nostre scelte individuali e ai meccanismi di delega che sempre più spesso dobbiamo effettuare, perché sull’argomento di cui si tratta non abbiamo competenze che giudichiamo sufficienti per una scelta diretta o anche per la semplice opportunità o volontà di effettuarla. Infine, vi sono fattori di ancor più ampia portata, che riguardano valori e idee di fondo circa il nostro modo di vivere, individuale e collettivo. In questa sede ci occupiamo esclusivamente dei fattori che possiamo raccogliere nella prima famiglia, costituendo la dimensione dei rischi personali. Con il termine persona non ci riferiamo esclusivamente alla nostra individualità, ma a tutto ciò verso cui ci sentiamo responsabili, in quanto lo consideriamo parte della nostra stessa identità personale, il nostro essere noi stessi.

Non si proteggono solo le relazioni
Questi fattori di rischio, dunque, non concernono solo il danno per noi stessi, ma riguardano un danno potenziale verso persone e cose che noi rivestiamo di valore. È chiaro che troviamo, innanzi tutto, gli effetti potenziali sui nostri cari e, più in generale, sui nostri consociati, ovvero coloro con i quali siamo in relazioni affettive o comunque continuative, e con i quali imbastiamo comunicazioni prevalentemente faccia-a-faccia o, secondariamente, modulate dai mezzi di comunicazione o dai social network.
In un ambito ancora più vasto, con un coinvolgimento emotivo inferiore, ma spesso non per questo con minor rilevanza, troviamo quei fattori legati alle conseguenze che dalle nostre scelte qui-ora potrebbero derivare a persone addirittura per noi anonime, che non conosciamo, ma che pure sappiamo esistere in questo momento ed essere in qualche modo potenzialmente coinvolte. Si tratta dei nostri contemporanei, ovvero tutti coloro con i quali abbiamo comunicazioni soltanto mediate, principalmente grazie ai mass media (televisione, radio, giornali, ecc.).

Anelli di una catena di generazioni
Infine, vi sono quei fattori di responsabilità verso la categoria molto importante di vulnerable group, che potremmo definire i “nuovi deboli”, come per esempio coloro che ancora non sono nati ma che, pure, già esercitano un carico di responsabilità crescente su tutte le nostre scelte, ovvero i successori. È sufficiente pensare alla responsabilità che proviamo nel lasciare dopo di noi un mondo non devastato dall’inquinamento e dal mutamento climatico. Potremmo a essi aggiungere anche considerazioni in merito al rispetto di tradizioni ed eredità culturali che ci provengono dai nostri antenati, verso i quali sentiamo la responsabilità del prosecutore. Complessivamente si definisce, così, l’orizzonte delle nostre responsabilità verso l’umanità intera.

La responsabilità verso la biosfera
Ma negli ultimi decenni è anche andata sviluppandosi una sensibilità animalista e ambientalista rivolta verso le forme viventi che compongono la biosfera e la natura più in generale. 

È proprio nell’assecondare questa crescente sensibilità e cultura ambientalista e animalista che è stato messo in discussione il cosiddetto paradigma dell’eccezionalismo ed esenzionalismo umano che, dall’eccezionalità della specie umana fra tutte le specie viventi, faceva derivare consequenzialmente l’esenzione incondizionata da ogni responsabilità verso gli altri animali e la natura in generale. La presa di coscienza dei limiti dello sviluppo, della comune origine con le altre specie e dei delicati equilibri che l’evoluzione ha sviluppato nel corso della storia del pianeta, ha portato a una critica radicale dello specismo che ha regnato incontrastato durante quasi tutta la storia umana fino alla metà secolo scorso. Il nuovo paradigma ecologico costituisce ormai un orizzonte ineludibile per le nostre scelte.