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Il risparmio gestito nell'economia italiana

All'indomani di un'edizione record del Salone del risparmio, gli interrogativi sul futuro del settore e dell'economia italiani restano sul tavolo: siamo sull'orlo di un nuova crisi o i provvedimenti del governo basteranno per rilanciare il Paese?

Si è conclusa a Milano la decima edizione del Salone del risparmio, la tre giorni che riunisce la stragrande maggioranza degli operatori del settore del risparmio gestito, comprese banche e assicurazioni. L’edizione di quest’anno, secondo Assogestioni, l’organizzatore, è stata partecipata da oltre 15.700 visitatori, che hanno assistito a più di 100 conferenze organizzate dagli operatori e dalle associazioni coinvolte. A dimostrazione dell’importanza sempre maggiore della manifestazione nell’agenda economica e politica italiana, le è stata conferita dal Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, la medaglia d’oro del Quirinale. 

Al centro dell’iniziativa il risparmio gestito, che recita da anni una parte importante nell’economia delle famiglie e nella stabilità finanziaria del Paese. Il settore, tuttavia, è a un punto di svolta, in bilico tra rilancio e ripiegamento su se stesso. Una situazione simile a quella che sta vivendo l’economia italiana: siamo alla vigilia di una nuova grande crisi o, piuttosto, a una stabilizzazione in attesa di un nuovo modello di sviluppo?


MAI PIÙ MANOVRE IN DEFICIT 

A questa domanda ha provato a rispondere, in un evento del salone organizzato dal gestore patrimoniale Janus Henderson, Carlo Cottarelli, economista, tecnico, già presidente del Consiglio incaricato durante la lunga crisi di governo dell’anno scorso. Oggi, si definisce, “predicatore” che cerca di diffondere la sua ricetta per far crescere l’Italia nei prossimi anni, che si prospettano difficili. Cottarelli prevede per il Paese una crescita di non più dello 0,3% nel 2019, ritenendo al contempo pessimistica la stima di -0,2% dell’Ocse ma non per questo improbabile. Il mondo e l’Europa sono di fronte a un rischio molto grande di recessione: l’Italia, qualora il vecchio continente andasse incontro a una decrescita dell’1% circa, potrebbe crollare del 3,5% nei prossimi anni, perché molto fragile ed esposta ai mercati, com’è già successo nel 2011-2012. 

Che fare allora? Cottarelli consiglia di mettere mano principalmente a tre cose: burocrazia, giustizia civile e fisco. Secondo l’economista, la burocrazia costa 35 miliardi all’anno alle Pmi: “un’altra Ires”, ha detto. Tutto si giocherà in autunno, quando occorrerà mettere mano ai conti pubblici, con una manovra da oltre 30 miliardi di euro, che non potrà essere fatta in deficit, perché, ha detto Cottarelli, “né i mercati, né l’Europa lo consentirebbero”.


PIR, MERCATO BLOCCATO 

In questo contesto, il risparmio gestito può giocare la sua partita, come già fatto in questi anni, soprattutto con i Pir, i Piani individuali di risparmio, uno strumento ben riuscito e che ha avuto un grande successo, incentivando la quotazione sui listini borsistici di tante piccole e medie realtà imprenditoriali italiane. Tuttavia, qualcosa è cambiato. Nel 2018, i Piani individuali di risparmio hanno raccolto quattro miliardi di euro, contro i 13 dell’anno precedente e oggi sono su un binario morto, “nonostante abbiano concretamente creato un canale di finanziamento per le Pmi alternativo a quello bancario”, ha ricordato Tommaso Corcos, presidente di Assogestioni durante il suo intervento al salone. La normativa del 2019 impone d’investire il 3,5% del totale sull’Aim e il 3,5% su azioni o fondi di venture capital: opzioni che trasformano sostanzialmente i Pir in fondi chiusi e che hanno irrigidito investitori e operatori.


UN MERCATO SEMPRE PIÙ TRASPARENTE 

Ma il risparmio gestito, ovviamente, non è fatto solo di Pir. Dal 2010 a oggi, le masse gestite dagli operatori del settore sono raddoppiate: se nove anni fa ammontavano a poco più di 1.000 miliardi di euro, oggi il valore ha superato i 2.000 miliardi (2.017), un dato in linea con l’andamento europeo, se non consideriamo la storica arretratezza dell’azionariato. Nel 2018, la raccolta netta si è fermata a 10 miliardi di euro, poco più di un decimo di quella del 2017 che faceva segnare un totale di 97 miliardi: secondo Assogestioni c’è stata comunque un’importante tenuta del sistema, in un periodo di tensioni molto forti sui mercati. Il settore si attende per i prossimi anni una media di crescita intorno al 2/3%, con una risalita di commissioni e costi ma con il vantaggio di un mercato sempre più trasparente.