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Polizze dormienti, istruzioni per l’uso

Dall’Ivass, una serie di consigli utili per arginare il fenomeno delle soluzioni vita sottoscritte e mai più riscosse. Ed evitare così che soldi dovuti finiscano nelle casse dello Stato

Sottoscritte e mai più liquidate. Cadute nel dimenticatoio, molto più spesso ignorate per il semplice fatto di essere state stipulate senza che nessuno ne sapesse niente. Sono le cosiddette polizze dormienti, soluzioni vita che, una volta giunte a scadenza, non sono state riscosse dai legittimi beneficiari. Il risultato è un tesoretto da circa 200 miliardi di euro su cui gli italiani siedono a loro insaputa. Soldi che, al posto di finire nelle tasche dei beneficiari, rischiano ora di fluire nelle casse dello Stato: una volta scaduti i termini per la prescrizione, che arriva fino a dieci anni dalla fine del contratto o dal decesso dell’assicurato, le somme vengono infatti devolute al Fondo Rapporti Dormienti istituito presso la Consap.

L’Ivass ha recentemente condotto un’indagine sulle polizze di ramo I, III e V emesse negli ultimi anni dalle 52 compagnie operanti nel settore, facendo emergere i contorni di un fenomeno che appare molto più grande di quello che ci si potrebbe aspettare. Dal 2012 al 2016, stando ai dati della ricerca, oltre quatto milioni di contratti sono giunti a scadenza, esponendosi così al rischio di dormienza. Altre 117 mila polizze a vita intera, che non hanno quindi una scadenza predefinita, sono state sottoscritte da persone con più 90 anni d’età: di questi, ben 2.636 contratti sono stati emessi a ultracentenari. E ancora, 540 mila polizze sono state stipulate da almeno dieci anni, senza che le compagnie abbiano avuto notizie dell’assicurato negli ultimi tre anni. 


COMPAGNIE IN RITARDO

Di fronte a questi numeri, la domanda sorge spontanea: che cosa è andato storto? A detta dell’Ivass, le cause possono essere molteplici. A cominciare da processi aziendali che, lungi dall’essere strutturati e avveduti, appaiono caratterizzati da una certa dose di improvvisazione. Secondo la ricerca, soltanto tre compagnie di assicurazioni hanno adottato procedure organizzate per l’accertamento dei decessi e la ricerca di beneficiari. Altre 14 hanno ammesso di non aver implementato procedure per verificare, prima della denuncia di sinistro, se l’assicurato sia ancora in vita. Tutto il resto, ben 35 compagnie, dispone invece di modelli procedurali totalmente inadeguati allo scopo.


IL PESO DELLE TCM

Insomma, le lacune restano profonde. E si sommano a criticità che contribuiscono a esacerbare una situazione già precaria. Perché i punti dolenti sono tanti. Innanzitutto, c’è il tipo di polizze: le Tcm, giusto per citare il caso più eclatante, risultano molto più esposte al rischio di dormienza rispetto alle altre soluzioni. E ciò, spiega il rapporto, soprattutto in ragione degli obblighi normativi di comunicazione previsti per le polizze a scadenza, che agevolano il contatto periodico con l’assicuratore e, quindi, lo scambio di informazioni con la compagnia. Pesa poi (e non potrebbe essere altrimenti) il fatto che questo genere di polizze, a differenza delle Tcm, prevede sempre il pagamento di una prestazione: insomma, l’attenzione si alza quando ci sono soldi certi in ballo.


ALTRE NOTE DOLENTI

Altro punto critico è quello del premio unico, opzione che limita i momenti di contatto fra compagnia e assicuratore, riducendoli spesso alla sola sottoscrizione del contratto. Il rischio permane tuttavia anche nel caso di soluzioni a premi annui, visto che un’eventuale sospensione del pagamento, dovuta magari al decesso del contraente, può essere interpretata come la semplice volontà di non proseguire il rapporto assicurativo.
L’ultimo punto, forse quello più dolente, riguarda invece l’identificazione e la ricerca dei beneficiari. Innanzitutto perché spesso i beneficiari stessi non sanno di esserlo. E poi perché la loro indicazione può avvenire anche attraverso formule generiche, come eredi testamentari o eredi legittimi, che non agevolano una chiara definizione dei destinatari della somma.


CONSIGLI UTILI

I dati del rapporto tratteggiano i contorni di una situazione che appare quasi allo sbando. Eppure, qualcosa si può ancora fare. A tal proposito, l’Ivass chiude la propria pubblicazione con una serie di consigli utili per il consumatore. Innanzitutto, c’è il passaggio obbligato dell’informazione: se si vuole che un contratto abbia effetto, è bene che qualcuno sappia della sua esistenza. Possono essere direttamente i beneficiari oppure, se si vuole che questi ne restino all’oscuro, si può informare un soggetto terzo in grado di attivarsi al verificarsi dell’evento assicurato.
C’è poi l’indicazione dei beneficiari: il rapporto consiglia di evitare etichette generiche, prediligendo nominativi puntuali che siano accompagnati da informazioni utili (indirizzo, recapito telefonico, e-mail, …) alle attività di ricerca delle compagnie.

Infine, quasi come una extrema ratio, c’è il supporto delle nuove tecnologie. L’Ivass, a tal proposito, ricorda il servizio ricerca coperture assicurative vita istituito presso l’Ania: attraverso una richiesta scritta, sarà possibile verificare se un familiare o un congiunto deceduto avesse sottoscritto una polizza vita. Pochi passaggi per fugare qualsiasi dubbio. Ed evitare che soldi dovuti finiscano nelle casse dello Stato.