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Intelligenza umana, intelligenza artificiale

L’innovazione dipenderà dalla creatività che le persone saranno in grado di mettere in campo e dagli spazi di realizzazione che i governi vorranno garantire ai loro cittadini

Tutto quel che può essere automatizzato, prima o poi, lo sarà: possiamo gioirne o preoccuparcene, ma di certo dobbiamo saperlo e magari governarlo, visto che il cambiamento che si prepara è più rilevante di quel che potrebbe sembrare. È un orizzonte antropologico che andiamo a cambiare. Prendiamo un famoso passo della Politica di Aristotele. Così si legge in una delle prospezioni più avanzate del mondo antico: «Se ogni strumento riuscisse a compiere la sua funzione o dietro un comando o prevedendolo in anticipo, come dicono che fanno le statue di Dedalo o i tripodi di Efesto i quali, a sentire il poeta, ‘entrano di proprio impulso nel consesso divino’, e così anche le spole tessessero da sé e i plettri toccassero la cetra, i capi artigiani non avrebbero davvero bisogno di subordinati, né i padroni di schiavi.» In prima battuta possiamo dire che la modernità ha cercato di realizzare quel che ai tempi di Aristotele non poteva che essere una speranza, e in questo antico e moderno disegnano un orizzonte classico. Ma ora effettivamente ci siamo: abbiamo posto le basi per la fine del lavoro manuale. Questo non vuol dire aver cancellato la schiavitù dalla faccia della terra e neppure la povertà dalle nostre città, come ben sappiamo. Ma con l’arrivo della cosiddetta Intelligenza Artificiale stiamo per entrare in un mondo nuovo, oltre l’orizzonte classico: i telai iniziano addirittura a pensare e le cetre a scrivere musica.

Applicazioni non prevedibili
Ci si interroga se questa innovazione sia negativa (ovviamente, dipende…) o positiva (ancora, dipende…): ma di certo, una volta entrata nel circuito sociale dell’innovazione, essa non sarà neutra per l’umanità! Una tecnica davvero innovativa, quando diviene disponibile, apre un ventaglio di possibili applicazioni sul breve e lungo termine non prevedibile a priori. Ecco perché i calcoli a priori sul bilancio dei posti di lavoro è impossibile. Dipende … dalla creatività che le persone saranno in grado di mettere in campo e dagli spazi di realizzazione che i governi vorranno garantire ai loro cittadini.
Facciamo un esempio. Quando i personal computer cominciarono a entrare nei nostri uffici, una trentina di anni fa, molte posizioni impiegatizie intermedie vennero a trovarsi spiazzate e immediatamente sostituibili. Anche se la produttività e la qualità stessa del lavoro migliorarono, le posizioni che si aprivano nell’industria hardware e software e nei sistemi informativi dell’epoca erano di certo in numero inferiore. Ma Internet e la maggior parte dei lavori nuovi che si sono aperti negli ultimi venti anni non erano nemmeno immaginabili. Come mettere a budget un Tim Berners-Lee che inventa, come by product di una ricerca di base pubblica (al Cern di Ginevra), il World Wide Web e lo rende liberamente pubblicamente e gratuitamente accessibile a chiunque, spalancando un profluvio di lavori del tutto nuovi e ancor oggi in formazione?
Si aggiunga che, comunque, la previsione romantica, ma all’epoca ragionevole, del ‘cottage elettronico’ (Alvin Toffler) e della diffusione universale del telelavoro è stata smentita, sia per la conseguente necessità di incrementare invasive tecniche di telesorveglianza sia perché… il fattore umano non è facilmente surrogabile a distanza.

La macchina e il pensiero

È possibile che la cosiddetta telepresenza cambierà in parte le cose, ma il lavoro umano, in quanto principale connessione sociale di ogni individuo, ha salde radici nella vita collettiva, che rimarrà ancorata alla compresenza nello spazio fisico per lungo tempo a venire. E, anzi, c’è da credere che di fronte a una (cosiddetta) intelligenza artificiale l’intelligenza umana sarà ancora più necessaria.
A giugno 2018, per esempio, il Mit ha comunicato di aver istruito un algoritmo di AI, denominato Norman in onore di Norman Bates, indimenticabile personaggio di Psycho, e di averne ricavato i tratti della paranoia. Norman è stato addestrato per produrre didascalie descrittive di immagini, ma a differenza di un algoritmo di controllo, è stato addestrato su didascalie di immagini macabre, di violenza e morte, tratte dal deep web. Confrontando le risposte di Norman allo stimolo di macchie del famoso test diagnostico di Rorschach con quelle di una rete neurale addestrata con didascalia di immagini standard se ne è concluso che le sue risposte erano indistinguibili da quelle di un soggetto paranoico. Le macchine, dunque, iniziano a pensare, e possono farlo, diciamo, anche male.
Personalmente, più che di macchine che pensino come un umano, mi preoccupo sempre degli umani quando iniziano a pensare come una macchina.