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Verso un nuovo welfare aziendale

Le convezioni con palestre e centri estetici sono sempre meno importanti per i giovani lavoratori. Secondo una ricerca della startup Jointly – Il welfare condiviso, gli under 35 preferiscono che il proprio datore di lavoro offra occasioni di formazione e volontariato. Un cambiamento che deve spingere le aziende a rivedere le iniziative a favore dei dipendenti

La felicità passa per un efficace welfare aziendale. È quanto emerge dall’analisi Indagine per i bisogni degli under35 promossa dalla startup Jointly – Il welfare condiviso e curato da Claudia Manzi, professoressa associata di Psicologia sociale all'università Cattolica di Milano. L’obiettivo è stato capire quale è la percezione che i giovani lavoratori hanno del welfare, e quali sono i loro bisogni e preferenze dentro e fuori l’azienda. Nell’indagine, sono stati coinvolti circa 3.200 dipendenti di aziende come Acli Milano, Banca Etica, Coopservice, Discovery, Etica sgr, Ferrovie dello Stato, Invitalia, Unipol e Ynap.

Meno convenzioni, più volontariato
Per i giovani il lavoro non è più una mera fonte di guadagno e un componente totalizzante e centrale della vita. Questo cambiamento culturale spinge verso una rinnovata idea di welfare, inteso come strumento per migliorare il rapporto tra lavoro e vita privata, per la propria crescita e formazione personale. Secondo la ricerca, i giovani che utilizzano già iniziative di welfare scelgono sempre meno le convenzioni (palestre, estetista), a vantaggio di attività di volontariato, occasioni di socializzazione, attività di formazione e opportunità di adottare orari di lavoro flessibili. Emblematico è il caso dell’utilizzo di convenzioni a disposizione nel piano welfare: se da un lato infatti gran parte degli interpellati le utilizzerebbe (quasi il 75%), il valore che attribuisce risulta basso (3 su 10). Al di là del gradimento, resta alto il livello di utilizzo dei servizi di welfare proposti dall’azienda. Più della metà degli intervistati ha dichiarato di utilizzare almeno due servizi welfare tra quelli a disposizione (il 32% uno e il 24% due), mentre il 18% ne utilizza tre e il 16% più di quattro.


Ascoltare i bisogni dei propri dipendenti


La mutata percezione da parte dei giovani del welfare aziendale è un dato di fatto di cui le aziende devono tener conto. Il cambiamento culturale in corso deve portare le aziende a rinnovare i propri piani. Secondo Francesca Rizzi, ceo di Jointly-Il welfare condiviso, dalla ricerca emerge la fluidità tra vita privata e lavoro che caratterizza la società moderna, che pone la necessità di più iniziative volte al benessere e alla crescita della persona. Si tratta quindi di superare le soluzioni preconfezionate e uguali per tutti, fatte di rimborsi e convenzioni. Per Rizzi “solo chi ascolterà i bisogni dei propri dipendenti e costruirà per loro nuove iniziative coinvolgendoli nella progettazione, sarà in grado di soddisfarli e vedrà aumentare il senso di appartenenza e la possibilità di ridurne il turn over”. Il welfare aziendale quindi, se ben pianificato, può essere una risorsa particolarmente efficace per creare un legame fecondo tra azienda e dipendenti.