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Hnwi, sempre più ricchi ma insoddisfatti

Secondo l’annuale rapporto di Capgemini, nel 2017 il patrimonio del segmento ha superato per la prima volta il muro dei 70.000 miliardi di dollari. Eppure, nonostante i risultati raggiunti, i soli rendimenti non appaiono più sufficienti: sullo sfondo si stagliano monete virtuali e big tech pronte al grande salto nel wealth management

Sempre più numerosi, sempre più ricchi. Nel 2017, stando all’ultimo World Wealth Report di Capgemini, si sono contati 18,1 milioni di High Net Worth Individual, locuzione che identifica coloro che hanno investito più di un milione di dollari in asset che non siano casa principale, beni da collezione, beni di consumo e durevoli. Il segmento, più conosciuto con l’acronimo Hnwi, è cresciuto di 1,6 milioni di unità nell’ultimo anno. E pure il patrimonio si rivela in territorio positivo, trovando una crescita del 10,6% che vale il sesto anno di rialzo consecutivo: la ricchezza del segmento ha sfondato per la prima volta il muro dei 70.000 miliardi di dollari.
A pesare nel risultato sono soprattutto i rendimenti, aumentati del 27,4% su base annua. Le azioni hanno coperto il 30,9% del patrimonio finanziario degli Hnwi, confermandosi come la prima asset class anche nel primo trimestre del 2018. Seguono poi disponibilità liquide e attività equivalenti (27,2%) e, all’ultimo gradino del podio, proprietà immobiliari (16,8%).

Solidi rendimenti, poca soddisfazione
Eppure, nonostante tutti i risultati raggiunti, gli elevati rendimenti non si sono tradotti in un incremento del livello generale di soddisfazione. Quasi a voler dire che i soli risultati non bastano. E oltre ai rendimenti, forse, c’è bisogno di qualcosa in più.
Eccezion fatta per il Nord America, che comunque si ferma appena al 75,2%, in tutte le regioni del mondo il livello di soddisfazione verso il proprio gestore patrimoniale si è rivelato ben al di sotto della soglia del 70%. Ancora, nel 2018 solo il 55,5% degli Hnwi poteva affermare si aver stabilito un solido legame con il proprio gestore. E più in generale, il 64,3% del segmento ha dichiarato che utilizzerebbe un sistema migliore e diverso per l’individuazione del proprio wealth manager.

Cresce l’interesse per le monete virtuali
In questo contesto, non stupisce che si possano cercare strade alternative. Strade come quella offerta dalle monete virtuali, bitcoin e figli, salite alla ribalta delle cronache internazionali per l’impetuosa capitalizzazione che hanno registrato nell’ultimo anno. Gli Hnwi hanno mostrato una crescente attenzione per questa asset class, seppur con qualche cautela: a conti fatti, soltanto il 29% del segmento ha dedicato un interesse elevato per le monete virtuali, un altro 26,9% ha dichiarato di essere moderatamente interessato. La novità ha fatto breccia soprattutto nel portafoglio dei più giovani: stando ai dati del rapporto, il 71,1% degli Hnwi con un’età inferiore ai 40 anni ha attribuito grande importanza alla ricezione di informazioni sulle monete virtuali.
Le società di gestione patrimoniale hanno invece avuto un atteggiamento ambivalente. Lo si capisce osservando come solo il 34,6% degli Hnwi a livello globale abbia affermato di aver ricevuto informazioni in merito dal proprio weatlth manager.

Arrivano le big tech
Non solo bitcoin: l’innovazione entra nel wealth management anche attraverso altre porte. A cominciare dalle cosiddette big tech, società della new economy che possono far valere il proprio know how tecnologico per offrire servizi e consulenza a valore aggiunto anche nel settore della gestione patrimoniale. I tempi per un ingresso definitivo restano incerti, ma ormai è una questione di quando, e non di se, ciò avverrà. Anche perché, considerando i livelli di insoddisfazione rilevati, la domanda potenziale potrà rivelarsi estremamente alta: oltre il 50% degli Hnwi ha manifestato interesse verso potenziali servizi di gestione patrimoniale offerti da big tech, generando un potenziale asset flow di 12.000 miliardi di dollari.
Resta invece da capire se, una volta fatto il loro ingresso, le big tech opereranno in un’ottica di collaborazione o competizione. Secondo le conclusioni di Capgemini, è probabile che si possa assistere a una combinazione delle due realtà: si punterà soprattutto su modelli di frenemy co-opetition, in cui le big tech collaboreranno e concorreranno allo stesso tempo con le società di capitali per offrire servizi a valore aggiunto da utilizzare in processi di back e middle office.

Verso gli hybrid advice
Le tradizionali società di gestione non restano tuttavia a guardare. E ingenti investimenti sono previsti nei prossimi anni per sviluppare tecnologie innovative come l’automazione intelligente e l’intelligenza artificiale. Si punterà probabilmente su partnership e, non secondariamente, su forme di hybrid advice.
La strada da fare resta tuttavia ancora lunga: la soddisfazione verso l’hybrid advice, secondo il rapporto, è scesa del 5,1% nell’ultimo anno, attestandosi al 57,3%. Eppure il potenziale non manca, dato che il 68,7% degli Hnwi ha giudicato i nuovi modelli di business come un elemento significativo per il consolidamento dell’attività di wealth management. La chiave è ora quella di accelerare lungo una linea che sembra ormai tracciata: solo così, conclude Capgemini, sarà possibile avvicinare il cliente al settore della gestione patrimoniale.