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Comunicare: condivisione che fa crescere

Dai tempi più remoti si è inteso il valore dello scambio di informazioni come arricchimento del sapere personale, e anche oggi è la scoperta inattesa che nasce dal dialogo a rendere costruttivo un confronto

Comunicazione è parola ammaliatrice. Chi non vuole comunicare? Anzi, tutti vorremmo saper comunicare bene. Non comunicare ci è impossibile, eppure della comunicazione c’è chi ne fa un mestiere. Ma cosa vuol dire comunicare?
Cominciamo proprio dalla parola che usiamo, visto che la sua etimologia è sempre la prima lezione sul significato che intendiamo. Dunque, la parola comunicazione si compone di tre radici indoeuropee: *kom, *mei, *ag - gli asterischi segnalano che queste radici vengono individuate a posteriori per il fatto che la popolazione originaria denominata ‘Indoeuropei’ non aveva la scrittura e, dunque, della lingua da essi effettivamente parlata molte migliaia di anni fa non abbiamo traccia che nelle parole delle lingue che da essa derivarono e furono messe per iscritto molti secoli dopo, come il sanscrito, il latino, il greco -.


Le radici della comunicazione
La prima radice (*kom) ha il significato principale del nostro “con”, ovvero, fondamentalmente, indica compagnia (vicinanza, contemporaneità, concomitanza, conseguenza ecc.). Si tratta, insomma, di più “cose” che non avvengono da sole: la comunicazione è qualcosa che non possiamo fare da soli, implica qualcun altro, se non un’intera comunità.
La seconda radice (*mei) è la più importante e, a un tempo, la più complessa e possiamo semplificare dicendo che, almeno in questa sede, indica mutualità: pensiamo a “mutuo” (reciproco) e “mutamento” (cambiamento). Si tratta, con un piccolo gioco di parole, di un mutuo mutamento che ricorda l’altro legame fra “cambiare” e “scambiare”: uno scambio che cambia.
La terza radice (*ag) indica che si tratta di un’azione, dunque qualcosa che accade per intervento di un agente esterno con effetti visibili.
Dunque, tirando le fila, potremmo dire la comunicazione è un’azione che si compie fra diverse persone che, entrate in un processo ravvicinato di s/cambio, ne escono cambiate loro come anche lo stesso messaggio che viene scambiato.


Uno scambio che arricchisce
Quindi, se parlo da solo, non comunico. Un dialogo fra persone che non condividono il medesimo codice comunicativo, e che dunque non si intendono, non può essere comunicazione. Quante volte ci sembra di assistere a un “dialogo fra sordi”? Quella non è comunicazione. Inoltre, non può essere considerato comunicazione un semplice scambio di informazioni che non produce cambiamenti nei soggetti che vi intervengono. Perciò nemmeno un albero, che pure scambia informazioni con il terreno alla ricerca di acqua, “comunica” con il terreno. E nemmeno due computer, almeno fino a una vera intelligenza artificiale, che per il momento nemmeno si intravede, comunicano fra loro, pur scambiando assai velocemente valanghe di informazioni. Mentre con il nostro amato animale domestico pensiamo di comunicare se appena vediamo che reagisce ai nostri sguardi e alle nostre parole in un modo che possiamo comprendere, e possiamo indurne che comprenda noi come (a volte meglio!) di un nostro simile.


Aprirsi a stimoli inattesi
Comunicazione, perciò, non è trasmissione di un messaggio, ma una buona comunicazione è costruzione di un messaggio in condivisione e, per la (piccola) parte non condivisa, c’è la non trascurabile possibilità che possa essere addirittura una innovazione per tutti i parlanti. La comunicazione, o almeno la buona comunicazione, potremmo dire, avviene quando si fornisce al nostro interlocutore uno stimolo per elaborare un significato che è vicino, anche se mai identico, a quello che intendevamo comunicare. D’altronde, quand’è che c’è innovazione se non proprio quando vi è uno scarto fra quel che ci si aspetta e quel che si genera? Perché parlando con altre persone ci vengono delle idee che da soli, magari, non ci sarebbero mai venute? Perché parlando con un bambino, magari spiegandogli le cose complesse che stiamo facendo, ci vengono in mente risposte che alle volte stupiscono noi stessi alle sue inattese domande?
Possiamo quindi concludere che ben comunicare è condividere e innovare. Ma quali sono le regole della comunicazione? Lo vedremo in un prossimo appuntamento.