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Bitcoin: tutto può succedere

C’è chi profetizza l’esplosione della bolla, chi annuncia rialzi sempre più consistenti: comunque vada, il destino della moneta virtuale riserverà sorprese. Intanto, fra alti e bassi, la moneta virtuale ondeggia sotto i 7mila dollari: lontano dal record di quasi 20mila dollari toccato a dicembre, ma comunque in crescita del 462% su base annua

Non passa giorno senza che esca almeno una notizia sui bitcoin. Analisi, studi, interviste, persino tweet: l’argomento, per usare il lessico delle nuove generazioni, è un perenne trend topic. E spacca in due la platea: c’è chi ne annuncia la morte imminente e prematura, e chi invece profetizza le magnifiche sorti e progressive di un assetto monetario (finalmente?) sganciato dalle politiche delle banche centrali. Le mezze misure, quando si parla di bitcoin, non esistono. Alti e bassi, come si conviene a quella che è diventata ormai da tempo una vera e propria scommessa finanziaria. E pazienza se nelle intenzioni di Satoshi Nakamoto, il misterioso sviluppatore (o gruppo di sviluppatori) che ha lanciato nel 2008 la moneta virtuale, i bitcoin avrebbe dovuto servire proprio a liberarsi da quelle istituzioni finanziarie che adesso ci stanno speculando sopra.

La voce dei pessimisti
Non si contano le volte in cui è stata annunciata la fine dei bitcoin. Qualsiasi correzione al ribasso è stata letta come il preludio al definitivo crollo delle monete virtuali, schiacciate sotto il peso di una crescita troppo impetuosa. Eppure la bolla non è mai esplosa. Ciò significa che la capitalizzazione dei bitcoin proseguirà la sua corsa al rialzo come avvenuto nell’ultimo anno, magari fra qualche fluttuazione? Non necessariamente, anzi. E la correzione avvenuta a cavallo fra 2017 e 2018, quando il bitcoin è passato dal massimo storico di quasi 20mila dollari di dicembre a meno di 7mila a febbraio, ha ridato forza e vigore alla voce dei pessimisti.
L’ultima ad alzarsi è stata quella di Stefan Hofrichter, head of global economics and strategy di Allianz Global Investors. A detta sua, come si legge in un post pubblicato sul sito della compagnia, ormai “è una questione di quando, non di se, la bolla esploderà”. E ciò in ragione del fatto che, a conti fatti, i bitcoin sarebbero un asset senza valore. “Secondo la nostra visione, il suo valore intrinseco è pari a zero”, si legge nel post. “A differenza di titoli di Stato, azioni e contante – prosegue – il bitcoin si basa sul nulla e non genera alcun flusso di denaro”. Qualcosa che potrebbe, almeno in teoria, ricordare le caratteristiche dell’oro. Con la sola differenza che il metallo più prezioso “è stato comunemente accettato dall’essere umano come asset di valore per più di 2.500 anni”: i bitcoin soltanto da una decina d’anni.
Secondo Hofrichter, l’andamento dei bitcoin racchiude in sé tutte le caratteristiche della classica bolla: eccesso di trading, iper-valutazione, mancanza di un quadro regolamentare di riferimento, lancio di strumenti finanziari correlati, contaminazione con attività criminali. La conclusione che ne emerge è chiara: come tutte le bolle, anche quella dei bitcoin è destinata a esplodere. E rischia di fare più danni di quelle del passato, visto che ha smosso investimenti di gran lunga superiori a quelli stanziati per la bolla dei tulipani o delle dot com.

Gente che spera (e dà i numeri)
Non si vive solo di pessimismo. E così, dall’altro lato della barricata, si eleva la voce di chi crede quasi ciecamente nella corsa dei bitcoin. Magari dando pure i numeri.
Il Fundstrat Global Advisors, società di analisi e ricerca fondata dall’ex Goldman Sachs Tom Lee, ha recentemente pubblicato un rapporto che ha fatto storcere il naso a tanti puristi della finanza: secondo i dati del report, i bitcoin potranno raggiungere il valore di 91mila dollari nel 2020. Nessuna sfera di cristallo, ma un modello matematico che avrebbe dimostrato nel corso degli anni come, quando si parla di bitcoin, a una fase di ribasso segua sempre un massiccio e più duraturo rialzo.
Il modello, chiamato Bitcoin Misery Index, è stato elaborato da Tom Lee per guidare i trader nelle loro compravendite. E si basa sull’analisi delle serie storiche finora disponibili: dal 2010 a oggi si sono contati quattro correzioni, tutte seguite da rialzi che sono durati a lungo nel tempo. Lee consiglia pertanto di approfittare dell’attuale fase di ribasso per fare investimenti e raccogliere rendimenti nei prossimi mesi. Pertanto, quasi paradossalmente, più è basso il valore dei bitcoin e più alto è il prezzo che la moneta potrà raggiungere in futuro.
Più recentemente, lo stesso Tom Lee si è spinto oltre: la fase di ribasso terminerà il 15 aprile. Come mai tanta precisione? Perché negli Stati Uniti quel giorno è il cosiddetto Tax Day. E gli investitori in monete virtuali, che tanto hanno raccolto in plusvalenze nell’ultimo anno, stanno ora tornando “liquidi” per pagare le tasse su quanto hanno guadagnato coi bitcoin.

Come andrà a finire?
Purtroppo o per fortuna, la vita non risponde sempre a modelli matematici: a differenza di quello che pensava Hegel, la storia non si ripete sempre due volte. Il modello di Lee non tiene conto di una miriade di variabili che hanno influenzato (e stanno influenzando) l’andamento dei bitcoin. L’indagine avviata recentemente dalla Security Exchange Commission, tanto per citare un caso, ha avuto come primo effetto un crollo delle monete virtuali.
La moneta virtuale ondeggia da qualche settimana sotto i 7mila dollari, lontana dal massimo storico ma comunque in crescita del 462% rispetto a un anno fa. Eppure ormai ogni frase rischia di scatenare un uragano. Qualche tempo fa i bitcoin sembravano potessero trovare nuovo slancio con l’endorsement di Jack Dorsey, fondatore e ceo di Twitter. “Alla fine il mondo avrà una sola valuta, Internet avrà una sola valuta. E credo personalmente che questa valuta sarà il bitcoin”, aveva detto in un’intervista al Times di Londra.
Insomma, un endorsement in piena regola. Salvo poi bandire le pubblicità legate alle criptovalute sul suo social network. L’obiettivo, condiviso da Facebook e Google, è evitare di mostrare annunci legati a potenziali frodi o investimenti ad alto rischio. Come primo effetto, il bitcoin ha perso in un solo giorno il 5% del proprio valore attestandosi all’epoca intorno ai 7.500 dollari.
Difficile dire come andrà a finire. L’ultima scossa potrebbe arrivare da George Soros: secondo Bloomberg, il finanziere che all’ultimo World Economic Forum aveva tuonato contro le monete virtuali, definendole una bolla, starebbe attualmente investendo in bitcoin. Interrogato sulla questione, un portavoce del fondo di Soros si sarebbe trincerato dietro un laconico (ma nemmeno troppo) no comment.