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Un welfare di comunità

Conciliazione della vita familiare con i tempi lavorativi, gestione delle persone anziane o disabili, aspettative e criticità espresse dai giovani verso il mondo del lavoro sono solo alcune delle esigenze a cui devono far fronte le persone. Jointly aiuta le aziende ad attivare un modello di welfare aziendale vicino alle persone e al territorio

Lo scenario del welfare aziendale in Italia, soprattutto a seguito della Legge di Stabilità del 2016 ha visto un’espansione del mercato, che ha portato alla nascita di realtà di welfare molto diverse tra loro: si va da operatori che offrono strumenti per la gestione amministrativa dei rimborsi sanitari, a quelli che offrono servizi per attività ricreative, a quelli che offrono voucher per fringe benefit.
Jointly è una start up che mette a frutto una vocazione sociale e accompagna i lavoratori e le aziende verso modelli di impresa maggiormente vicina alle esigenze delle persone, alla sostenibilità e a un business più partecipativo, semplificando la quotidianità di chi lavora e dando supporto personalizzato e concreto a chi deve conciliare il lavoro con altri ruoli della vita privata, senza sacrificare né l’uno né l’altro. Jointly punta a offrire servizi innovativi e sostenibili, progettati sui bisogni delle persone e sulle reali possibilità delle aziende e realizzati con partner in tutta Italia.

Un business partecipativo
“Per ovviare al rischio di dispersione delle risorse e a una mancata opportunità di far evolvere un sistema di welfare vicino alle persone, siamo riusciti a sviluppare un sistema di welfare più inclusivo, un welfare di comunità - spiega Francesca Rizzi, Ceo e socia fondatrice di Jointly. - Ogni giorno entriamo in contatto con aziende che ci stimolano a dare una risposta concreta ai bisogni di una popolazione in continua evoluzione”. Questo significa, prima di tutto, agire sulla comprensione del problema, poi avviare la fase di progettazione con una visione complessiva e locale. “Il nostro modello - continua - non è quello di fornire un catalogo di convenzioni on line, ma di costruire una rete fiduciaria di partner di servizi a supporto delle persone, che diventino punto di riferimento per migliorare la qualità della vita dei dipendenti delle aziende. La nostra mission è traslare il welfare centrale delle aziende verso una dimensione più locale e vicina ai bisogni della popolazione.”

Valorizzare l’offerta di servizi locali
Jointly studia continuamente nuovi prodotti di welfare e li mette a disposizione delle aziende e dei lavoratori collocandoli nel territorio. Per progettare servizi che soddisfino i bisogni reali delle persone Jointly ricerca partner locali, collabora con loro valorizzandone l’offerta e contribuendo alla loro crescita. “Ad esempio, recentemente abbiamo siglato un accordo di partnership con le cooperative sociali italiane CGM – Consorzio Gino Mattarelli, che attraverso la sua conoscenza del territorio faciliterà il passaggio dal welfare aziendale a quello di comunità indirizzando meglio l’offerta e massimizzando l’efficacia degli interventi”. Ogni azienda ha le proprie peculiarità ma anche il territorio in cui si inserisce ha le proprie caratteristiche, e così le persone che sono inserite in entrambi i contesti hanno bisogni e necessità diverse. Quando si entra in contatto con un’azienda è importante conoscere e fare un’analisi socio demografica prima di offrire dei servizi di welfare, per essere certi di rispondere davvero alle esigenze reali delle persone in quello specifico ecosistema territoriale. Successivamente sarà possibile individuare le risposte attraverso progetti ad hoc. “Per esempio, i Campus per i bambini – evidenzia Rizzi - vanno molto bene. Ma stanno andando altrettanto bene Fragibilità, un servizio di welfare per chi deve assistere una persona non autosufficiente o disabile, o Push to Open, il servizio dedicato a chi ha figli adolescenti alle prese con la scelta del percorso di studi universitario. Perché i dipendenti non sono tutti uguali e i servizi devono essere studiati sulla popolazione aziendale”.
Con un network di oltre 40 aziende clienti, per un totale di 350.000 dipendenti su tutto il territorio nazionale, e oltre 300 partner, selezionati sulla base di rigorose procedure di accreditamento e volontà di fare rete, Jointly offre ai suoi clienti l’accesso a una vasta piattaforma di possibilità e un circuito di più di 5.000 servizi di welfare aziendale a sostegno dei bisogni della persona nelle diverse fasi della vita. “Se le aziende ragionano su una logica di territorio - prosegue Rizzi - si possono offrire servizi utili. E questo può avere ricadute positive su tutto il territorio. In questo sono fondamentali i Welfare manager territoriali, che aiutano a capire cosa realmente serve. Poi noi ci attiviamo sui diversi territori per trovare partner locali”

Assistenza per disabilità e non autosufficienza
Jointly Fragibilità è stata creata per i dipendenti che ogni giorno, oltre al loro lavoro, si occupano di un famigliare disabile o non autosufficiente. Spesso di parla delle esigenze e delle difficoltà delle persone autosufficienti o disabili, facendo passare in secondo piano le difficoltà che ogni giorno riscontrano i caregiver, cioè coloro che in famiglia si occupano di queste persone.
I dati dicono che il 20% dei 9 milioni di caregiver in Italia è impiegato in azienda e, di questi, il 25% rinuncia al lavoro per esigenze di assistenza. Nell’80% dei casi, inoltre, l’assistenza è “fai da te” in famiglia: 18 ore al giorno tra assistenza e sorveglianza. Ma l’utilizzo dei permessi previsti dalla Legge 104 conta un massimo di 10-15 giorni di assenza dal lavoro ogni anno. Per alcune aziende sono fondamentali i servizi come Fragibilità, dedicati ai caregiver. Ossia una rete di supporto presente in tutta Italia attiva attraverso operatori sul territorio e che offre personale affidabile in caso di necessità e aiuto psicologicoo, oltre che informazioni su agevolazioni, aiuti economici e permessi.

Servizi per dipendenti con figli adolescenti
L’orientamento professionale dei ragazzi che stanno per affrontare la scelta decisiva del loro percorso lavorativo o di studio è particolarmente difficile e il contesto italiano non aiuta: i ragazzi hanno le idee confuse e questo porta spesso a scelte sbagliate, inconsapevoli e di conseguenza, a delusioni future. I ragazzi non sanno che lavoro faranno da grandi, anche perché non conoscono il mondo del lavoro. E per tanti genitori il futuro professionale dei loro figli rappresenta un motivo di grande preoccupazione.
La legge sulla Buona Scuola ha creato un incentivo per far sperimentare ai ragazzi il mondo del lavoro, ma questo è solo l’inizio. I dati rivelano che 2,3 milioni di ragazzi in Italia sono Neet (Not engaged in education, employment or training).
Anche in questo caso, i dati parlano chiaro: solo il 25% dei giovani sceglie il percorso di studi pensando alle reali possibilità occupazionali; il 60% dei ragazzi non sa che relazione c’è tra quello che studiano e le possibilità di impiego; meno del 20% integra il percorso universitario con esperienza extra curriculum (stage, corsi di lingua, esperienze all’estero, lavori occasionali e progetti); L’Italia è il Paese con la minore incidenza di laureati in discipline Stem(Science, technology, engineering, mathematics), a fronte di 7 milioni di posti di lavoro che si libereranno in Europa nei prossimi 10 anni per laureati in queste discipline.
Jointhly Push to open è un programma di orientamento destinato ai ragazzi che frequentano il 4 e 5° anno delle scuole superiori: un progetto interaziendale su scala nazionale in cui le imprese svolgono un ruolo fondamentale e complementare rispetto alla scuola, sul fronte dell’orientamento dei ragazzi. Viene data la possibilità di sperimentare un nuovo modello di orientamento finalizzato al lavoro, aiutando i ragazzi a capire come valorizzare la propria predisposizione rispetto alle opportunità che offre un mondo di lavoro in rapida evoluzione. Questo significa aiutarli nella scelta dei percorsi universitari, anche in base a prospettive occupazionali. Le aziende coinvolte in Push to open considerano questo impegno non solo un atto di responsabilità sociale d’impresa ma un investimento di medio termine per migliorare il capitale umano che loro stesse avranno a diposizione.