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Meno contrattazione, ma i benefit reggono

Calano i contratti di secondo livello, ma crescono e si fanno sempre più diffuse le misure di welfare aziendale. In rialzo anche la platea dei potenziali beneficiari e l'importo medio destinato ai lavoratori

Cala la contrattazione di secondo livello in Italia. A metà aprile, secondo l'ultimo aggiornamento del ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, risultano attivi 7.576 contratti che prevedono l'erogazione di premi di risultato. Qualcosa in più rispetto ai 6.997 che si registravano a metà marzo, ma comunque in deciso calo (-14,4%) rispetto agli 8.850 contratti dello scorso anno.

A pesare è molto probabilmente l'incertezza generata dall'attuale situazione economica. La lenta uscita dalla pandemia, i contraccolpi della guerra in Ucraina, la fiammata dell'inflazione, l'aumento dei costi dell'energia e la carenza di materie prime: tutti elementi che, come facilmente intuibile, hanno probabilmente spinto le aziende a rimettere mano ai propri piani di crescita e sviluppo.

Regge invece (e bene) il welfare aziendale. Non una sorpresa, visto che numerosi studi (da ultimo quello pubblicato da Adapt e Intesa Sanpaolo) hanno rilevato il ruolo determinante ricoperto dai benefit aziendali nella gestione della crisi economica innescata dalla pandemia. E così, scorrendo il rapporto curato dal ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, si scopre che ben 4.434 contratti prevedono misure di welfare aziendale. Si tratta del 58,5% del totale: un anno fa, giusto per avere un'idea, la percentuale si fermava al 56,5%.

La platea dei potenziali beneficiari si colloca ora poco sopra la soglia degli 1,5 milioni di lavoratori, per un importo medio annuale di 1.667 euro. Valori anche in questo caso in rialzo, visto che nel 2021 il numero di beneficiari restava ancora dietro il muro degli 1,5 milioni e l'importo medio destinato ai lavoratori si fermava a 1.437 euro all'anno.