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La cultura finanziaria che non c’è

La cittadinanza economica non è un bene apprezzato in Italia, che è uno dei Paesi più arretrati da questo punto di vista: ecco perché non è esagerato parlare di vero e proprio analfabetismo

C'è chi sostiene che quella sull’educazione finanziaria sia la madre di tutte le riforme. Senza un livello minimo, accettabile, di conoscenza dei meccanismi economici è ancora più difficile per un qualsiasi governo, o istituzione, far comprendere il senso d’importanti provvedimenti: come ad esempio la riorganizzazione del sistema bancario o una riforma delle pensioni. Quando s’ignorano anche i concetti più semplici legati a risparmio, investimento e pianificazione economica si è in balia del ping pong delle opinioni, spesso strumentali, all’interno di un dibattito pubblico perlopiù confuso e contraddittorio. 

L’Italia si trova da tempo in una condizione davvero difficile, caratterizzata da un sostanziale analfabetismo economico. Il nostro Paese risulta ampiamente deficitario tra le economie avanzate: secondo l’ultimo report sul tema del World Bank development research group, solo il 37% degli italiani dimostra la capacità di comprendere e risolvere semplici operazioni di computo degli interessi, di valutazione dell’impatto dell’inflazione sul potere di acquisto, o comprendere alcuni principi elementari, come il fatto che sia opportuno diversificare i propri investimenti. La media dell’Unione Europea è al 52% in linea con quella della Francia, mentre la Germania è al 66%, Regno Unito al 67%, Grecia e Spagna al 45% e Polonia al 42%.
Il Piaac (Program for the international assessment of adult competencies) dell’Ocse evidenzia inoltre che la capacità degli adulti italiani di capire e affrontare in modo appropriato testi scritti, e utilizzare concetti numerici e matematici, è tra le più basse dei 24 Paesi analizzati. Solo il 3,3% degli adulti italiani raggiunge livelli di competenza linguistica alti, contro l’11,8% della media Ocse. Il 27,7% possiede competenze linguistiche elementari (15,5% la media nei Paesi partecipanti). Peggio ancora per quanto riguarda le competenze matematiche: il 32% degli italiani ha conoscenze elementari o inferiori, contro il 19% della media Ocse. 


I costi dell’inconsapevolezza

Se all’ignoranza spesso ci si fa il callo, e per alcuni è persino un vanto, le cose si complicano quando questa insipienza ha un costo: individuale ma anche sociale.
Dal 2011, l’istituto di ricerche Gfk misura il benessere economico degli italiani in relazione alla propria alfabetizzazione finanziaria: cioè quanto ne sa di risparmio, investimento e debito un campione di 2000 persone definito bancarizzato (che possiede un conto in banca).
Se da un lato i dati dell’ultimo sondaggio rilevano un costante, seppur lieve, miglioramento del benessere delle famiglie, dall’altro colpisce la leggerezza con cui gli intervistati confessano le proprie mancanze in termini di cultura finanziaria.
Il 79% del campione ritiene di possedere una conoscenza “scarsa o molto scarsa” dei termini finanziari di base; solo il 36% afferma di conoscere il concetto di diversificazione del portafoglio, e meno di un terzo la correlazione tra rischio e rendimento.
Ma, del resto, come si potrebbe ambire a qualcosa di meglio se il 67% degli intervistati ha risposto di non occuparsi affatto di queste materie e solo il 2% si informa per “alcune ore ogni settimana”?