effetto-covid-19-sui-fondi-pensione

Effetto Covid-19 sui fondi pensione

Versamenti in frenata, posizioni che crescono meno di quello che ci si aspettava: l'ultimo aggiornamento della Covip fotografa un settore rimasto contagiato dal coronavirus. L'unica nota positiva arriva da rendimenti dei fondi negoziali, tornati positivi dopo mesi di volatilità finanziaria

Il coronavirus contagia anche il settore della previdenza complementare. A fine settembre, stando all'ultimo rapporto della Covip, le posizioni aperte risultano in crescita dell'1,9% rispetto all'inizio dell'anno e si attestano quasi a quota 9,3 milioni. Bene ma non benissimo, visto che, come si legge nel rapporto, la crescita “continua a essere inferiore rispetto ai periodi precedenti all’emergere dalla crisi epidemiologica”. Il maggior incremento si registra nel segmento dei fondi negoziali con circa 90mila posizioni in più, seguiti da fondi aperti (42mila) e pip nuovi (41mila).
Le risorse destinate alle prestazioni sono pari a circa 190 miliardi di euro, cinque miliardi in più rispetto a quanto rilevato alla fine del 2019. I flussi contributivi nei primi nove mesi dell'anno si fermano invece a 8,2 miliardi di euro, registrando nel secondo trimestre dell'anno un calo, seppur limitato, dettato principalmente dall'emergenza coronavirus. Nel complesso, tuttavia, i versamenti nel 2020 sono risultati superiori dell'1% rispetto a quanto registrato nei primi nove mesi dello scorso anno.
L'unica nota positiva arriva dai rendimenti dei fondi negoziali, che ritrovano il segno più a seguito del buon andamento dei mercati finanziari nel terzo trimestre dell'anno: i listini azionari di Stati Uniti e Giappone, a tal proposito, hanno superato i valori di fine 2019, mentre quelli della zona euro sono rimasti sui livelli registrati a giugno. I rendimenti dei fondi negoziali, al netto dei costi di gestione e della fiscalità, si sono quindi attestati mediamente allo 0,2%. Anche le altre forme di previdenza complementare hanno proseguito nel recupero iniziato nel secondo trimestre dell'anno, ma in questo caso il risultato resta ancora in territorio negativo: -0,9% per i fondi aperti e -4,7% per i pip nuovi. Le gestioni separate di ramo I, i cui rendimenti dipendono in larga parte dalle cedole incassate sui titoli detenuti, hanno invece messo a segno un risultato complessivo dell'1%.
Il risultato nel lungo periodo, orizzonte temporale tipico del risparmio previdenziale, resta invece soddisfacente. Dal 2010 al 2019 il rendimento medio annuo composto è stato pari al 3,6% per i fondi negoziali, al 3,8% per i fondi aperti e per i pip di ramo III, e al 2,6% per le gestioni di ramo I. Nello stesso periodo la rivalutazione del tfr si è fermata al 2%. Se si considerano anche gli ultimi nove mesi, i risultati della previdenza complementare scendono ma restano comunque superiori ai rendimenti obiettivi: +3,4% di rendimento annuo composto per i fondi negoziali, +3,5% per i fondi aperti, +3,1% per i pip di ramo III e +2,5% per i prodotti di ramo I, contro una rivalutazione del tfr dell'1,9% annuo.