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Covid-19: poche certezze per gli investitori

Uno scenario sociale ed economico incerto, caduta libera del pil mondiale, industry prima in crescita e oggi indebolite dalla pandemia: il settore degli investimenti non può contare su un piano B e si attrezza per usare strumenti previsionali

Tanti i settori che dovranno disegnare nuove strategie in conseguenza della pandemia di Covid-19 e questo nuovo scenario crea incertezza negli investitori finanziari. Le certezze di fine 2019 sono evaporate e con la ripartenza è possibile che emergano nuovi equilibri, con settori prima in espansione che dovranno fare i conti con una forte crisi (turismo su tutti, ma anche il real estate cambierà prospettive). Duff & Phelps, recentemente acquisita da un consorzio di fondi di investimento internazionali guidato da Stone Point Capital e Further Global, ha provato a ricostruire il nuovo scenario alla luce di questi primi due mesi di pandemia, fornendo spunti di riflessione, anche per quanto riguarda l’incertezza. Al webinar hanno partecipato Gregorio de Felice, chief economist & head of research di Intesa Sanpaolo e per Duff & Phelps Enrico Rovere, managing director, head of business valuation in Italy, Ryan McNelley, managing director, head of portfolio valuation EMEA, e Paola Ricciardi, managing director, chairperson of Duff & Phelps REAG Italy.

L’incognita della ripresa
Il Covid 19 ha provocato una serie di contraccolpi al sistema economico dei paesi interessati dalla pandemia. Parallelamente alla crisi sanitaria, si è verificata una brusca interruzione delle attività produttive, in primo luogo quelle legate al turismo e all’entertainement. Il lockdown e il fermo delle attività, che ha ridotto la disponibilità economica delle persone, sono all’origine di uno shock della domanda, ma più si allunga il periodo di crisi più a rimetterci saranno anche la ricchezza delle famiglie e la finanza d’impresa. In attesa di capire se la ripresa avrà una curva a V, a U o a L, il rischio principale è che si crei un circolo vizioso che faccia raggiungere alle aziende un effetto soglia oltre il quale risulterà meno conveniente aprire che restare chiusi e attendere i sussidi. Tutto dipenderà dalla capacità di prevenire i loop negativi e di garantire un supporto finanziario. Allo scenario si aggiunge una terza criticità, che riguarda il debito pubblico. Si stima un fabbisogno finanziario aggiuntivo per i governi pari al 10% del Pil dei paesi, qualcosa come 9 trilioni di dollari a livello globale. L’Italia sul fronte del debito pubblico è già sovra esposta, e si vanno ad aggiungere le maggiori spese sanitarie, gli interventi verso le famiglie e le imprese, il rinvio delle entrate tributarie ma anche il minore gettito atteso.
Serve agire con importanti ricette di politica economica: da un lato vanno sollevati i costi economici delle imprese, attraverso la cassa integrazione, la sospensione degli affitti e delle imposte, mentre il canale bancario può sopperire alla riduzione delle entrate. In linea generale, sarebbe necessario sospendere quei provvedimenti che potrebbero peggiorare il rating bancario delle imprese. Le prospettive per l’Eurozona sono tutt’altro che rosee: il pil potrebbe subire una riduzione tra l’8 e il 23%, un range molto ampio che dipenderà dalla durata della crisi; potrebbe verificarsi un rimbalzo già nel terzo trimestre del 2020, ma è più probabile che si assisterà alla ripresa solo nel 2021. Le previsioni per l’Italia parlano di una contrazione del pil tra il 6 e il 10% e un aumento del debito pubblico a una quota tra il 148 e il 158% del prodotto interno lordo.

Il rischio di riduzione del valore delle imprese
Il Covid-19 avrà certamente un impatto sui bilanci 2020 delle imprese. Parlando di impairment test, il Covid-19 si presenta come un triggering event, uno di quei casi che richiede di condurre nuovi impairment test entro la fine dell'anno in corso per accertare se l'attività abbia subito una riduzione di valore. L’analisi è prevista dal principio contabile IAS 36, che impone il test di impairment dell’avviamento almeno una volta l’anno o a seguito del verificarsi di eventi non previsti di natura interna o esterna all’impresa (triggering event). Le conseguenze che il Covid-19 ha già avuto sul settore finanziario non possono essere disgiunte dagli impairment test: nei primi tre mesi del 2020 il Ftse Mib è sceso del 27%, il Dax e il Ftse100 del 25% e l'S&P500 del 20%.
Lo scenario economico che si è manifestato richiede di rivedere i business plan delle imprese con un occhio particolare alla volatilità. Anche di fronte a una situazione tutt’altro che stabile, i piani economico – finanziari andranno riverificati sotto gli aspetti dei ricavi, della supply chain e delle operation. Per quanto riguarda i ricavi, andrà valutato l’impatto sulla domanda determinato dalla situazione, le tempistiche di incasso e la salute finanziaria dei clienti; rispetto alla supply chain si dovranno rivalutare la disponibilità delle merci e con quali tempistiche, il costo del venduto e la salute finanziaria dei fornitori; in termini di operation saranno da valutare la disponibilità dei lavoratori, la produttività e la cyber security in relazione al lavoro da remoto.
Vanno poi presi in considerazione gli aspetti patrimoniali, tra i quali il ritardo negli investimenti previsti e la dilazione dei pagamenti, con relative conseguenze sul capitale circolante e sui cashflow.

Cosa si sa e cosa non si può sapere
Per gli investitori, di fronte all’incertezza Duff & Phelps suggerisce tre linee guida: alcune imprese saranno più colpite di altre ma nessuna sarà immune dal ri-pricing del mercato del rischio; in genere pare che gli investimenti privati siano meno volatili rispetto a quelli scambiati; tutti i gestori di Private Equity dovranno valutare i propri Net Asset Values al 31 marzo essendo in possesso solo di "informazioni imperfette", vale a dire senza il beneficio delle nuove previsioni per il 2020 delle società in portafoglio.
La sintesi è un’estrema opacità delle previsioni e quindi un rischio molto elevato. Le sole informazioni certe di cui gli investitori sono stati in possesso al 31 marzo hanno riguardato l’andamento dei public market fino a quel giorno, le restrizioni messe in atto dai governi, i problemi di liquidità a breve termine di imprese e privati, il fatto che le banche centrali e i governi stanno attuando politiche di stimoli monetari e fiscali. Allo stesso modo, ad ora non è possibile avere informazioni relativamente a quando e come saranno disponibili cure certe o vaccini per il Covid-19, alla durata delle restrizioni in atto, al futuro andamento dei public market e a quale sarà l’efficacia delle iniziative di politica fiscale e monetaria messe in atto da governi e banche centrali.

Meno grandi strutture e attenzione alla logistica
Infine il webinar ha offerto una prospettiva sul settore immobiliare, componente strumentale della filiera, esplicitando quali valori tengono e quali tenderanno a scendere. Le previsioni confermano una tenuta del mercato residenziale, con una crescita delle abitazioni in affitto, anche se la casa rimarrà un bene-rifugio. Il lockdown ha messo in discussione la validità di head quarter concentrati, che vincolano una visione smart del lavoro, allo stesso modo potrebbe manifestarsi un’inversione di tendenza sui locali commerciali situati nelle high street, sia per le difficoltà economiche dei gestori sia per il possibile e prolungato calo delle presenze turistiche, e si conferma il momento negativo per negozi di prossimità e centri commerciali. Molto critica la situazione delle strutture alberghiere, dove gli incassi quest’anno potranno subire una contrazione del 50-70%, con conseguente difficoltà nel pagamento degli affitti, in stand by il settore della logistica, che potrebbe essere protagonista di nuovi format legati a una nuova logistica di prossimità.