la-finanza-e-pronta-per-il-clima-che-cambia

La finanza è pronta per il clima che cambia?

Una nuova ricerca di Bankitalia evidenza il legame tra minacce ambientali, rischi fisici e rischi di transizione da un sistema economico a un altro e mostra che, al momento, il settore finanziario è esposto a potenziali contraccolpi

La crescente attenzione verso le possibili conseguenze dei cambiamenti climatici e gli impatti sul settore finanziario stanno rafforzando la cooperazione globale in materia di finanza verde, con iniziative prese sia da parte dell’industry sia delle istituzioni. Ma studi internazionali mostrano che finora non c’è stata una crescita adeguata nella consapevolezza dei rischi legati ai cambiamenti climatici e delle opportunità che vengono dalla transizione verso un’economia verde. L’Italia, in questo senso, è in linea con la media. Le evidenze sulla consapevolezza del rischio finanziario correlato al clima hanno confermato le stesse conclusioni, secondo quanto ha stabilito un novo studio di Banca d’Italia

Gli effetti del rischio fisico sull’economia 

I fenomeni ambientali che ben conosciamo, come il surriscaldamento globale, l’intensificarsi di eventi naturali estremi e tutti gli effetti a essi collegati, insieme alle politiche di mitigazione influenzano in vari modi l’economia reale e di conseguenza anche il sistema finanziario. Ad esempio, la maggiore intensità di eventi naturali può danneggiare asset materiali, come edifici e macchinari, e ridurre così la capacità dei creditori di onorare i propri impegni con le banche (un tipico rischio fisico). Questi effetti possono diffondersi nel settore finanziario attraverso diversi canali: le catastrofi naturali non solo interrompono le attività delle imprese e aumentano la vulnerabilità finanziaria delle famiglie, ma contribuiscono anche a ridurre il valore delle garanzie per i prestiti. Il rimborso dei prestiti può pertanto diventare più complesso a causa di beni o attività danneggiati. Gli shock ambientali possono aumentare il numero di crediti deteriorati nel portafoglio di banche particolarmente esposte alle famiglie o alle imprese nelle aree più a rischio; ciò potrebbe indurre le banche a limitare l’offerta di credito, il che pregiudicherebbe potenzialmente l’efficacia della politica monetaria. Inoltre, se questi effetti fossero su larga scala, minaccerebbero la stabilità del sistema finanziario nel suo insieme. Ma ci sono altri casi che intaccano il funzionamento dl sistema finanziario. Se le infrastrutture danneggiate da una catastrofe naturale non sono coperte da assicurazione, come spesso accade in Italia, i danni richiederanno un esborso di denaro più consistente e una conseguente riduzione del valore delle garanzie. 

Occhio alla transizione non regolamentata 

Ma non basta: alcune delle decisioni prese nella definizione delle politiche energetiche e climatiche potrebbero avere un impatto sul valore delle attività delle società coinvolte. Una transizione non regolamentata verso un’economia a basse emissioni di carbonio potrebbe ridurre drasticamente il valore delle riserve energetiche e delle infrastrutture per il loro sfruttamento e la loro elaborazione. A differenza del rischio fisico, questa minaccia, detta di transizione, non è persistente ma potrebbe compromettere la stabilità del sistema finanziario. Considerata l’importanza del settore energetico, un improvviso calo del valore delle riserve e delle relative infrastrutture potrebbe innescare una corsa alla vendita dei titoli delle società energetiche, con conseguenze che potrebbero influenzare in modo permanente il percorso dell’economica globale: si pensi a ciò che è successo con le società finanziarie esposte ai mutui subprime durante l’ultima grande crisi finanziaria del 2008. Inoltre, fa notare il report, la transizione potrebbe essere inflazionistica, poiché le politiche climatiche potrebbero richiedere l’uso di fonti energetiche alternative che sono attualmente più costose o l’introduzione di sistemi di tariffazione del carbone che incidono sui prezzi e sulle attività economiche. Un esempio è il documento di Strategia energetica nazionale, dove si legge l’intenzione di abbandonare l’uso del carbone per la produzione di elettricità, aumentando, in questo modo il rischio di transizione da un modello di sviluppo a un altro. 

Mancano i dati per gestire la velocità del cambiamento 

Uno dei principali ostacoli per tenere maggiormente conto di questi problemi risiede nella mancanza di dati organici e omogenei. Al fine di colmare questa lacuna e migliorare la comprensione della connessione tra i fattori ambientali, in Italia è stato emanato il decreto legislativo 254 del 2016, che attua la direttiva Ue 2014/95, che impone la presentazione di una dichiarazione non finanziaria da parte di tutte le grandi imprese quotate e delle entità di interesse pubblico. L’impulso per il sistema finanziario di tenere ancor più in considerazione i fattori Esg (Environmental, social e governance) nella fornitura dei propri servizi sta diventando quindi sempre più forte. Si è intensificata la pressione per tener conto delle questioni ambientali, in particolare degli effetti dei cambiamenti climatici e dei rischi che comportano per l’economia e la società. La velocità con cui si stanno verificando questi cambiamenti significa che esiste il rischio che il settore finanziario non sia ancora completamente pronto. Questa difficoltà, chiosa Bankitalia, chiama in causa l’immaturità di modelli concettuali per l’identificazione univoca dei canali di trasmissione del rischio che collegano il clima, l’economia reale, i mercati finanziari, sia a livello micro sia a livello macroeconomico.