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Cara la mia pay tv!

L’operazione condotta dalla Guardia di Finanza nei confronti della piattaforma Xtream Codes avrà probabilmente pesanti risvolti sanzionatori per gli utenti, che pagheranno la “furbizia” di voler arginare i costosi canali ufficiali

Chi non si è trovato la domenica a un matrimonio, una comunione o un battesimo, impossibilitato a poter seguire le gesta della propria squadra del cuore, costretto a cercare su internet un link per lo streaming delle partite? Quanti hanno provato a vedere un film online su qualche sito?
Con il passare degli anni il fenomeno si è evoluto. Si è passati dalla fruizione gratuita una tantum alla sottoscrizione di veri e propri abbonamenti illegali che permettevano di poter vedere online, per una dozzina d’euro al mese, l’intero pacchetto di canali delle principali pay tv. Mediante un apparecchio simile ai normali decoder, volgarmente denominato pezzotto, l’utente finale, molto spesso ignaro dei possibili risvolti penali di ciò che stava compiendo, era in grado di ricevere i segnali in chiaro dalla piattaforma Xtream Codes, che consentiva illegalmente una capillare diffusione via Internet delle emittenti.
Il passato è d’obbligo perché da metà settembre un’operazione su scala europea del Nucleo speciale tutela della privacy e frode tecnologica della Guardia di Finanza, con il supporto della polizia postale, ha permesso di sequestrare la suddetta piattaforma di iptv, tra le principali in questo oligopolio, oscurando il segnale a tutti coloro che ne usufruivano.
Si è immediatamente alzato un polverone e sono cominciate le chiacchiere da bar tra quanti ritengono quasi etico ricorrere a tali servizi, ponendo l’accento sul fatto che oggigiorno per seguire la squadra per cui si fa il tifo occorre sottoscrivere almeno due abbonamenti - con una spesa mensile non inferiore agli ottanta euro -, e chi, fautore della legalità, mira a rimarcare come questo fenomeno, come effetto ultimo, ha nondimeno causato l’aumento del costo degli abbonamenti.
La questione centrale rimane senza dubbio la condotta illecita di quei 5 milioni di italiani che ora rischiano pene severe. Il colonnello Giovanni Reccia delle Fiamme Gialle punta a non fermarsi qui.
A poco servono i sequestri di denaro, perché il business è gigantesco, milionario, così come le sanzioni penali per i gestori, perché assai blande. E allora ecco l’idea delle forze dell’ordine: perseguire i clienti. L’obbiettivo non è solo quello di rintracciare e sequestrare i server delle altre tv pirata, ma si punta a individuare, attraverso il flusso dei pagamenti e i log alla piattaforma, tutti coloro che hanno approfittato di questo escamotage e per anni hanno goduto dei palinsesti a prezzi stracciati.
Per loro si possono ipotizzare, a prescindere dall’abitualità o meno della fruizione o della durata del loro abbonamento, multe da € 2.500 a € 25.000 nonché la reclusione da sei mesi a tre anni, o anche pene più lunghe a seconda di quale reato integrerà la condotta da loro avuta.
Indipendentemente da quali saranno i risvolti penali, il problema atavico resta quello culturale: purtroppo si tenta troppo spesso di ricorrere a sotterfugi ogni volta che si è davanti a qualcosa di oneroso, specialmente se lo si ritiene ingiusto.