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Il futuro del mercato azionario globale

Secondo il Barometro di ottobre 2017 di Pictet Asset Management, che fornisce un commento sui mercati e sull’asset allocation, la fase rialzista del mercato azionario continuerà anche nei prossimi mesi, grazie alla ripresa economica globale

Il sistema azionario sta attraversando probabilmente la fase di crescita più lunga di sempre e, in base a numerosi segnali, tale trend dovrebbe protrarsi ulteriormente. Si registra una nuova accelerazione dell’attività economica sia nei Paesi emergenti che in quelli avanzati. Inoltre, anche se le banche centrali iniziano a ridurre le misure di stimolo, le condizioni di liquidità a livello mondiale restano favorevoli, non da ultimo per via delle scarse pressioni inflazionistiche che potrebbero consentire alle autorità monetarie di normalizzare la politica a un ritmo graduale. Per di più, si registra una ripresa generale e sincronizzata degli utili aziendali. Se il mercato azionario continuerà a crescere, quello delle obbligazioni subirà secondo il barometro una frenata, conseguenza di pressioni al ribasso sui titoli a reddito fisso.


Ripresa, con qualche incognita

L’economia mondiale attraversa una fase di forte ripresa: gli indicatori più recenti hanno rilevato un rialzo degli acquisti e un'espansione dell’attività manifatturiera al ritmo più sostenuto dall’inizio del 2011. Di questo passo, nel 2017 l’economia globale registrerà una crescita annua del 3,4%, il risultato migliore dal 2010. Esaminando nello specifico le diverse zone, negli Usa i consumi sono spinti da una buona situazione del mercato del lavoro e dal basso indebitamento delle famiglie. Le temute ripercussioni dei recenti uragani potrebbero causare una riduzione dello 0,5% del Pil, una perdita che tuttavia dovrebbe essere compensata dalla spesa nei settori immobiliare ed edilizio. Unica incognita rimane l’inflazione, che resta ad oggi contenuta ma potrebbe essere sottovalutata dagli investitori: un suo rialzo inaspettato spingerebbe la Federal Reserve di New York ad inasprire i tassi di interesse e ad operare un loro rialzo prima del previsto. Per l’Eurozona i motori economici sono l’aumento dei consumi, i progressi sul mercato del lavoro e il sentiment positivo dei consumatori, nonché l’aumento degli investimenti aziendali. La crescita economica della Cina resta stabile, mentre altri Paesi emergenti stanno sperimentando un vero e proprio boom delle vendite al dettaglio, con il clima di fiducia nei consumatori più alto mai registrato dal 1993. In queste zone l’inflazione complessiva è scesa al 3% annuo, il livello più basso dall’inizio della raccolta dati nel 1970, un andamento che si deve in parte alla flessione dei prezzi delle commodity. Le deboli pressioni sui prezzi dovrebbero consentire alle banche centrali emergenti di mantenere invariati o addirittura tagliare i tassi d’interesse, con ulteriore slancio alle attività economiche.

I flussi di liquidità restano buoni

Nonostante i rialzi dei tassi negli Usa nei mesi scorsi, a livello mondiale gli stimoli monetari delle banche centrali sono ancora consistenti. Negli ultimi due anni il flusso totale di liquidità proveniente da banche e settore privato si è attestato tra il 13% e il 17%. Gli indicatori tecnici del barometro preannunciano il continuamento del momento favorevole per le azioni in gran parte delle regioni e dei settori (Regno Unito escluso). Un’indagine di Bank of America Merrill Lynch mostra che gli investitori detengono il 4,8% dei portafogli sotto forma di liquidità, un livello superiore alla media, e quindi nei prossimi mesi ci potrebbe essere un ulteriore afflusso di capitali nell’asset class.

I motori del mercato azionario

Non è solo la positività dei mercati a sostenere il sistema delle azioni, ma anche dei solidi fondamentali: gli utili societari, i cui risultati nel secondo trimestre sono stati buoni, nel terzo trimestre potrebbero migliorare ulteriormente grazie all’andamento favorevole dell’inflazione. I margini di profitto e i ricavi sono in aumento in molte regioni, con le prospettive più favorevoli in Giappone e nell’Eurozona. Le borse di entrambe le aree dovrebbero beneficiare di un probabile aumento di valore del dollaro Usa, che renderebbe più competitive le merci di Europa e Giappone e sosterrebbe gli utili esteri degli esportatori. Anche il sentiment gioca un ruolo importante: chi investe in azioni giapponesi di solito è molto sensibile alle variazioni del tasso di cambio yen/dollaro. Storicamente la performance dell’azionario nipponico è stata più influenzata dalle fluttuazioni della valuta rispetto alle altre principali piazze globali: un apprezzamento del 10% del dollaro sullo yen si tradurrebbe in un aumento della performance del 20% delle azioni giapponesi. I titoli dei Paesi emergenti hanno buone potenzialità nel lungo periodo, ma nel breve presentano incognite legate al rialzo dei prezzi dei primi mesi del 2017 (oltre il 20%), che se confermato, e abbinato alla ripresa del dollaro, li renderebbe poco convenienti per gli investitori. Quello che meno convince, secondo il barometro, è il mercato azionario statunitense, che è il più oneroso (le azioni locali sono di oltre il 20% più costose rispetto alle omologhe globali). Speranze di miglioramento della sua appetibilità provengono dalla deregolamentazione in ambito finanziario proposta dall’amministrazione Trump, e dalla scarsa probabilità – vista l’attuale presidenza – di un maggiore rigore normativo nel settore.

Un focus sui settori più promettenti

Molto sensibile all’andamento dell’economia, il settore energetico è stato il migliore del mese di ottobre, grazie al contenimento dell’offerta che ha sostenuto il prezzo del petrolio, e ha visto un aumento di valore dei titoli azionari di oltre il 3%. Due settori che il barometro individua come promettenti per i prossimi mesi sono quello della sanità e quello della tecnologia, mentre le previsioni sono più caute nell’ambito telecomunicazioni: attualmente è il più conveniente, ma la crescente concorrenza sui prezzi (soprattutto negli Usa) rischia di penalizzare margini e flussi di cassa e mettere a rischio i dividendi degli azionisti.