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Le città globali e la sfida dell’integrazione

La popolazione straniera nelle città europee è in costante aumento e le amministrazioni locali si ritrovano a giocare un ruolo cruciale nella gestione dell’integrazione. A quali problemi vanno incontro le città? E in che modo è possibile migliorare il dialogo tra amministrazioni locali, governi nazionali e istituzioni europee?

Le migrazioni crescono quasi ovunque, e quasi ovunque convergono verso i maggiori centri urbani. Mentre gli stranieri in Italia sono l'8% della popolazione, a Milano sfiorano il 19%. Grandi città del Nord Europa hanno oggi una popolazione straniera che supera il 30%, con Berlino al 30%, Londra al 37% e Vienna al 40%. Queste percentuali implicano di dover affrontare temi e politiche di integrazione da ogni punto di vista: non solo la prima accoglienza ma anche istruzione, mercato del lavoro, servizi sanitari e pianificazione urbana.

L'aumento del rischio di povertà e marginalizzazione, cresciuto anche tra i Paesi europei accentua il rischio che le politiche per l'integrazione vengano percepite come una sottrazione di risorse vitali per i Paesi che si trovano a dover accogliere migranti stranieri.

Di fronte a questo scenario, le città europee giocano un ruolo sempre più determinante nell’attuazione e interpretazione delle politiche di integrazione.

Città globali e integrazione, il rapporto ISPI
"Le città globali e la sfida dell'integrazione" a cura di Matteo Villa, pubblicato da Ispi, Istituto per gli studi di politica internazionale, ha cercato di mettere in luce con un focus propositivo problemi delle città nelle sfide dell'integrazione, la valorizzazione delle esperienze di successo e il miglioramento del dialogo tra le città, le regioni, i governi nazionali e le istituzioni europee.

La pubblicazione curata da Ispi sottolinea come in molti Paesi europei mancano ancora vere occasioni di dialogo con cui le amministrazioni locali possano confrontarsi con il governo centrale e coordinare in maniera efficace le loro azioni di integrazione. Ad oggi mancano ancora dati e strumenti per valutare realmente le politiche locali in maniera comparata a livello nazionale.

Per questo, al fine di dare un orientamento più concreto alle amministrazioni locali, il rapporto di Ispi fornisce una serie di esperienze da cui attingere. Tra queste, gli autori suggeriscono che le amministrazioni locali lavorino per creare, o potenziare, figure politico-amministrative che fungano da raccordo con le politiche per l'integrazione nazionali.

Come rendere più efficaci i servizi di integrazione nelle città
Le città sono dunque oggi in prima fila nell’elaborazione di modelli virtuosi per governare la crescita delle diversità, ma non devono e non possono essere lasciate sole dai governi nazionali. Solo affrontando con successo la sfida dell’integrazione, le grandi città europee potranno a buon diritto sostenere di avere fatto passi in avanti nello sviluppo socio-economico delle proprie comunità.

Per rendere più efficaci i servizi di integrazione nelle città, gli esperti suggeriscono che le amministrazioni locali offrano servizi agli immigrati nel contesto delle politiche rivolte all'intera popolazione, e che le città collaborino tra loro.

Sul tema dell'accoglienza, le amministrazioni locali dovrebbero predisporre un sistema di prima accoglienza strutturale con l'adozione di standard predefiniti e condivisi, con una regia territoriale e tavoli di confronto. I governi centrali e le amministrazioni locali dovrebbero impegnarsi per garantire il diritto allo studio per tutti e, in tema di lavoro, rafforzare la cooperazione con i datori di lavoro e sostenere programmi a favore dell'imprenditorialità migrante.

Le città dovrebbero chiedere di riformare la normativa e le prassi che negano o limitano l'accesso ai servizi sanitari sulla base dello status di residenza e, per quanto riguarda la pianificazione urbana, creare progetti a lungo termine e mantenere spazi di accoglienza.

A tutto questo va aggiunta una corretta campagna di comunicazione rivolta alle comunità locali, che vanno informate, sensibilizzate e accompagnate nel processo di inclusione. Per questo si suggeriscono occasioni di incontro in cui i cittadini di lungo corso possano manifestare eventuali ostilità o perplessità, in modo da avviare percorsi di negoziazione e di riduzione del conflitto che richiedono tempi non conciliabili con la gestione delle emergenze.