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Se i figli fanno le scelte giuste, i dipendenti sono più ingaggiati

L’orientamento professionale dei ragazzi è uno dei temi particolarmente dibattuto nelle famiglie, soprattutto quando i giovani stanno per affrontare la scelta decisiva del loro percorso di studio o lavorativo. Un programma di welfare aziendale studiato da Jointly punta a sostenere questo delicato passaggio

I dati rivelano che 2,3 milioni di ragazzi in Italia sono Neet (Not engaged in education, employment or training). Solo il 25% dei giovani sceglie il percorso di studi pensando alle reali possibilità occupazionali; il 60% dei ragazzi non sa che relazione c’è tra quello che studiano e le possibilità di impiego; meno del 20% integra il percorso universitario con esperienza extra curriculari come stage, corsi di lingua, esperienze all’estero, lavori occasionali e progetti.
La legge sulla Buona Scuola ha creato un incentivo per far sperimentare ai ragazzi il mondo del lavoro, eppure l’Italia è ancora il Paese con la minore incidenza di laureati in discipline Stem (Science, technology, engineering, mathematics), nonostante i 7 milioni di posti di lavoro che si libereranno in Europa nei prossimi 10 anni per laureati in queste discipline. Segno che molto c’è da fare per aiutare i giovani nelle scelte.

Comprendere le prospettive occupazionali
Jointly ha colto tutti questi segnali di confusione dei giovani e le preoccupazioni dei genitori rispetto al futuro lavorativo dei figli e ha studiato un programma di orientamento destinato ai ragazzi che frequentano il 4 e 5° anno delle scuole superiori, Jointly Push to open.

Con questa iniziativa, aziende, professionisti e istituzioni spiegano e raccontano che cos’è il lavoro e come scegliere l’Università in base alle prospettive occupazionali, dando la possibilità ai giovani di sperimentare un nuovo modello di orientamento finalizzato al lavoro e aiutandoli a capire come valorizzare le proprie predisposizioni rispetto alle opportunità che offre un mondo in rapida evoluzione.
Jointly Push to open è un progetto interaziendale di respiro nazionale, che si inserisce nel palinsesto delle attività di welfare che le aziende possono proporre ai propri dipendenti, e in cui le imprese stesse svolgono un ruolo fondamentale e complementare rispetto alla scuola sul fronte dell’orientamento dei ragazzi.
Progettato da esperti in gestione di risorse umane e realizzato con modalità innovative, è un percorso della durata di 4 mesi composto da sessioni live e workshop in azienda. I ragazzi possono interagire in tempo reale e fare domande a protagonisti del mondo del lavoro, con modalità multimediali (live streaming, direct messaging, Facebook Community).
“Siamo partiti 3 anni fa strutturandolo come programma di orientamento - spiega Francesca Rizzi, Ceo e fondatrice di Jointly. Poi, grazie alla legge sulla Buona Scuola l’intero percorso è diventato una vera e propria attività di orientamento e formazione che vale come alternanza Scuola/Lavoro. Grazie al programma di gamification è possibile infatti monitorare quante ore i ragazzi hanno seguito, e come hanno seguito ,e rendicontare le ore per la scuola”.
Aiutare i giovani a orientarsi nella scelte sul proprio futuro si è rivelata un’occasione di branding particolarmente interessante: fa conoscere l’azienda a ragazzi con un alto potenziale e rappresenta un’attività di Csr sul tema dell’occupazione e della formazione giovanile.
Le aziende coinvolte considerano questo impegno un investimento di medio termine per migliorare il capitale umano che loro stesse avranno a diposizione. Senza dimenticare che, essendo configurabile come un servizio di welfare aziendale, dispone di agevolazioni fiscali (ad es. Art. 51).

Valore anche per la comunità
I dati del Social impact report realizzato da Jointly in collaborazione con Dbo, sugli indicatori selezionati insieme alle 16 aziende partner che hanno aderito al programma (Associazione lavoratori Intesa Sanpaolo, AstraZeneca, Axa, Bper, Coopservice, Credit Agricole, Enel, Eni, Ferrovie dello Stato Italiane, Invitalia, Orizzonti, Ricoh, Sace, Sea, UniCredit, Unipol) hanno dimostrato che è possibile generare valore per la comunità (giovani, famiglie, aziende, territorio) attraverso politiche di welfare aziendale.

“Abbiamo intervistato i ragazzi, le loro famiglie e le scuole - spiega Francesca Rizzi -. Ci interessavano valutare l’impatto sulle tre C, ossia Conoscenza, Consapevolezza e Capacità di scelta. I risultati sono stati davvero incoraggianti”.

II 95% dei 4500 giovani che in tre anni hanno partecipato al programma di orientamento interaziendali ha dichiarato di aver acquisito gli strumenti per decidere in maniera più consapevole cosa fare al termine delle superiori e 1 ragazzo su 3 ha dichiarato di aver incrementato la fiducia nel ‘Sistema Paese’. Il 66% l’ha trovato utile per una miglior consapevolezza di sé o del contesto

“Sempre gli indicatori di impatto - continua Rizzi - hanno dimostrato che nel 49% dei casi al termine del programma per i genitori si sono ridotte le preoccupazioni personali, familiari e lo stress correlato alla scelta. L’84% dei genitori valuta Push to Open molto utile, e il 66% si è sentito così rinfrancato dal programma a tal punto da dichiarare di aver acquisito strumenti necessari per essere più utile al proprio figlio nel supportarlo nella scelta”.
Risultato positivo e plebiscitario anche tra gli insegnanti delle scuole coinvolte, che hanno trovato molto utile e formativo il programma, soprattutto nella relazione con il mondo delle aziende. “Mondo sul quale essi stessi – evidenzia Rizzi - non di sarebbero sentiti di dare informazioni così dirette e pertinenti.

Cresce la fiducia
Dal punto di vista della relazione azienda-dipendente, aderire al programma Jointly Push To Open ha avuto un doppio ritorno positivo: il 60% dei genitori ha aumentato il trust index nei confronti della propria azienda e la percezione del valore economico attribuito (520 euro) è pari a 2 volte il valore economico investiti (255 euro) e a 4 volte il prezzo medio pagato.
“Segno che quando si investe sul futuro dei giovani, gli investimenti delle aziende sono largamente capitalizzati e ripagati in termini di engagement e di fiducia”, continua Rizzi.
 “Siamo così soddisfatti dei risultati – conclude - che stiamo pensando di replicare il progetto che oggi è destinato ai ragazzi di 4° e 5° superiore, anche per i ragazzini delle medie alle prese con la scelta del secondo ordine di studi, ovviamente con un programma adatto alla loro età. E di ampliare il servizio per i più grandi con un servizio di coaching individuale opzionale per chi ha ancora bisogno di supporto”.