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L’economia globale tra investimenti e paure

Guerra di dazi, instabilità politica e l’aumento dei salari. Sono alcuni dei timori che minano l’andamento dei mercati internazionali. Secondo Columbia Threadneedle Investments, ci attende una crescita più bassa, ma destinata a durare più a lungo

Una stagione rialzista segnata dalla paura. Siamo ormai al nono anno di crescita dei mercati azionari. Dati alla mano, a marzo 2018 l'indice S&P 500 era quasi quadruplicato rispetto al minimo toccato a marzo 2009, durante la crisi finanziaria. Non solo. Rispetto al massimo pre-crisi dell'ottobre 2007, l’indice ha guadagnato il 66%. Un cammino che ha lo stesso sapore di una lunga scalata, come ha sottolineato William Davies, responsabile azionario globale di Columbia Threadneedle Investments. Gli investitori hanno dovuto infatti procedere con cautela, per avere la certezza che la crisi fosse realmente superata. Non si è trattato di una semplice prudenza, quasi scaramantica. Perché questo ultimo decennio è stato caratterizzato da una serie di eventi di notevole importanza, che avevano tutte le potenzialità di minare la crescita. Davies ha ricordato la Grecia, la Brexit, le nuove crisi bancarie, l’andamento dei prezzi petroliferi, il rallentamento della corsa cinese, la debolezza del dollaro, la Corea del Nord. A questi possiamo aggiungere l’incertezza della situazione politica in Italia, Spagna e soprattutto la politica dei dazi sulle importazioni voluta da Trump, che potrebbe inaugurare una guerra commerciale. Una lunga lista di eventi che hanno impattato, e possono ancora impattare, sugli utili di molte aziende quotate, con esiti assolutamente incerti. 

Qe, la forza delle banche centrali
Cautela e piccoli passi hanno quindi segnato la strategia degli investitori, che hanno trovato nei minimi tassi di interesse dei titoli di stato un incentivo a portare capitali sul mercato azionario. Notevole il contributo del quantitative easing attuato dalle principali banche centrali: 600 miliardi dollari dalla Federal Reserve statunitense, 50 miliardi di sterline dal Regno Unito, 2.300 miliardi di euro dalla Bce, 4.950 miliardi di dollari dal Giappone. Sembra che questa ingente quota di capitali sia stata più forte di qualsiasi incertezza. “Il peggio, di fatto, non è mai arrivato” ha sottolineato Davies. Al contrario, si è consolidato un contesto favorevole agli investimenti. Lo proverebbe l’andamento del mercato azionario globale, che lo scorso gennaio ha guadagnato circa il 7% in poche settimane. Le attese degli investitori sono positive, soprattutto grazie all’andamento dell’economia Usa. 

Una crescita più bassa, ma duratura
Davies ha messo in evidenza che “Trump ha approvato un provvedimento di sgravi fiscali da 1.500 miliardi di dollari Usa, e ha concordato un massiccio incremento della spesa federale”. Va bene anche la disoccupazione a livello globale: “negli Stati Uniti – ha sottolineato Davies - si è attestata al minimo degli ultimi 16 anni (4,1%), nel Regno Unito al minimo degli ultimi quattro decenni (4,3%) e in Europa, complessivamente, ai minimi degli ultimi nove anni”. Tuttavia, potrebbero essere i segnali della fine di un ciclo economico, perché il modesto tasso di disoccupazione e la crescita accelerata potrebbero determinare una limitazione della capacità produttiva, portando all’aumento dei salari e, infine, all’aumento dell’inflazione. Per questo, i tassi di interesse sono destinati ad aumentare in modo che Davies definisce “rapido e consistente”. Il primo segnale lo ha già dato il mercato statunitense: l'inflazione salariale a gennaio è cresciuta del 2,9% annuo (il rialzo più cospicuo dal 2009), i rendimenti obbligazionari sono balzati in avanti, mentre gli indici azionari mondiali sono crollati. Come a dire: è tornata la paura. Per gli Usa, la previsione di Columbia Threadneedle Investments vede un livello di retribuzioni che resterà basso, e un lieve incremento dell'inflazione statunitense nei prossimi anni, ma senza eccedere il 2%-2,5%. I rendimenti saliranno di conseguenza, ma non ai livelli osservati prima degli anni Novanta. A livello globale si prevede un nuovo periodo di crescita, ma “più bassa e duratura”, che continuerà ad essere caratterizzata per la presenza di incertezze continue. La prima preoccupazione per i mercati sarà l’introduzione di limiti al libero mercato di scambio. Inoltre, stanno emergendo leader carismatici con atteggiamenti definiti “dittatoriali”. È il caso di Russia, Cina, Arabia Saudita e, secondo alcuni, anche degli Usa.