bitcoin-contro-banconote-scenario-di-una-battaglia-monetaria

Bitcoin contro banconote, scenario di una battaglia monetaria

Gli istituti di credito e gli esercizi commerciali stanno dando sempre più spazio ai pagamenti elettronici. Una tendenza che sembra incontrovertibile. Eppure, non potremo farne a meno dei comuni soldi di carta e metallo. Ecco perché

Lo chiamano de-cashing, ossia l’uscita definitiva dall'utilizzo del contante nel mercato. Una tentazione per i governi mondiali, che guardano con sempre maggiore interesse al fenomeno bitcoin. “I governi di Svezia, Cina e Regno Unito stanno pensando di affiancare alla moneta tradizionale, una e-moneta fondata sulla blockchain” ha detto Sergio Focardi, professore di finanza del Pole Universitarie Leonard de Vinci di Parigi. Il docente ha fornito un’ampia fotografia della politica monetaria nella storia dell’umanità, nel convegno Il denaro tutto quello che avreste voluto sapere, al Salone del risparmio di Milano. Dal baratto dell’Antico Egitto all’economia digitale, il mondo è cambiato radicalmente. “C'è il desiderio che le transazioni monetarie avvengano direttamente tra persona e persona, e non attraverso le Banche centrali” ha ricordato Focardi, mostrando lo scenario di quella che sembra una battaglia tra tradizione e innovazione.


Il sommerso italiano vale il 24,9% del Pil

Per i governi i vantaggi della moneta elettronica possono essere molteplici. Il primo è sicuramente la lotta contro il sommerso. Un recente studio del Fondo monetario internazionale ha messo in evidenza il rilevante peso economico che hanno tutte le attività nascoste alle autorità, per evitare procedure burocratiche, pagamento di tasse o per favorire la corruzione delle istituzioni. In Italia, dal 1991 al 2015, la shadow economy è stata pari al 24,9% del Pil. Un risultato che è secondo solo alla Grecia, che primeggia con una media del 27%. Tra le principali economie dell’Eurozona, dopo l’Italia c’è la Spagna, con una media del 24,5%. Molto più basso il valore di Francia e Germania, rispettivamente il 14% e l’11,9%, un dato che in ogni caso dimostra che anche in Paesi meno corrotti, più di un euro su dieci è prodotto da attività sommerse. Così tutti i governi hanno un grande incentivo a introdurre un sistema di controllo più stringente sulla circolazione del denaro. 


Il caso svedese: filiali bancarie senza contanti

Focardi ha ricordato che il ruolo delle banconote è stato quello favorire le transazioni ed è quindi strettamente legato il concetto di proprietà, essendone una misura del valore economico. Oggi, nell’era delle transazioni elettroniche, le ragioni per l’esistenza delle banconote sembrano davvero poche. A resistere sono soprattutto gli anziani, poco abituati ai nuovi strumenti di pagamento. Nonostante la resistenza dei senior, solo una piccola frazione del denaro circolante è costituito da banconote. “Nei Paesi sviluppati si tratta di una percentuale che va dal 3 al 10%” ha detto Focardi, che ha citato il modello svedese, dove più del 50% delle filiali bancarie già non tratta denaro contante. Così la nazione scandinava ha visto un drastico calo nell’utilizzo di contante. I pagamenti elettronici sono talmente diffusi che persino le chiese locali hanno adottato sistemi di pagamento p2p per ricevere le offerte. La tendenza sembra quindi incontrovertibile. Eppure Focardi ha assicurato: le banconote non sono destinate a scomparire. Per due ragioni. Prima di tutto perché il giorno in cui tutti potranno avere accesso alla moneta elettronica è ancora lontano, o persino irraggiungibile. Inoltre, la moneta elettronica pone rilevanti problemi di sicurezza. “Avere soltanto moneta elettronica pone enormi problemi di sicurezza per i governi, soprattutto per attacchi cyber”, ha detto Focardi. Infine, il professore ha ricordato la presenza di ostacoli teorici: “I depositi bancari non sono debiti in denaro base”. Per questo la fattibilità dell’abolizione del denaro base sarebbe tutt’altro che possibile.