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Eurozona, tassi bassi a lungo. Ben oltre la fine del Qe

La crescita è solida ma rallenta. I Paesi dell’euro hanno ancora bisogno del sostegno monetario. Il presidente Draghi ha ribadito la linea incentrata su prudenza, pazienza e persistenza

Non è ancora arrivato il momento per la normalizzazione della politica monetaria: l’Eurozona ha ancora bisogno del sostegno della Bce. Lo ha detto chiaramente il presidente della Banca centrale europea, Mario Draghi, nella sua conferenza stampa del 26 aprile a Francoforte. “Sulla base della consueta analisi economica e monetaria – ha affermato – abbiamo deciso di mantenere invariati i tassi di interesse di riferimento della Bce. Continuiamo ad attenderci che rimangano su livelli pari a quelli attuali per un prolungato periodo di tempo, e ben oltre l’orizzonte dei nostri acquisti netti di attività”. Quindi tassi bassi anche dopo il termine del Qe, che gli analisti si attendono per la seconda metà di quest’anno. Draghi ha spiegato che “dopo una crescita superiore alle attese negli ultimi mesi dello scorso anno, ora si registra una qualche moderazione, ma questo rimanendo nel contesto di un’espansione che rimane solida e diffusa”. Nel complesso “permane la necessità di un ampio grado di stimolo monetario affinché le spinte inflazionistiche di fondo continuino ad accumularsi e sostengano la dinamica dell’inflazione complessiva nel medio periodo. Il perdurare del sostegno monetario – ha aggiunto Draghi – deriva dagli acquisti netti di attività, dalle notevoli consistenze acquistate e dai prossimi reinvestimenti, nonché dalle nostre indicazioni prospettiche sui tassi di interesse”.

Come far fruttare il sostegno monetario

I rischi esterni, legati ad esempio alle dispute commerciali, stanno diventando più prominenti. Guardando al futuro, Draghi ha sottolineato che “per poter fruire appieno dei benefici derivanti dalle nostre misure di politica monetaria, le altre politiche devono contribuire in modo decisivo a incrementare il potenziale di crescita a più lungo termine, e a ridurre le vulnerabilità. L’attuazione delle riforme strutturali nei Paesi dell’area euro va considerevolmente accelerata per consolidare la capacità di tenuta, ridurre la disoccupazione strutturale e rafforzare la produttività e il potenziale di crescita dell’area”. Draghi ha quindi rimarcato che “a tutti i Paesi gioverebbe intensificare gli sforzi per conseguire una composizione delle finanze pubbliche più favorevole alla crescita”. Il presidente della Bce, sempre più nei panni (forzati, in assenza di veri leader) di vera e propria guida politica dell’Ue, ha detto chiaramente che “l’unione monetaria rimane fragile se non si compiono ulteriori progressi verso il suo completamento”. Tuttavia la Bce non può fare molto di più se non rivolgere un invito a compiere progressi in questa direzione. “Contiamo sul fatto che vi sia consapevolezza di questo problema”, ha detto Draghi.

La linea delle tre P

Draghi ha quindi sottolineato ancora una volta che la banca centrale rimane improntata sulla linea delle 3P: prudenza, pazienza e persistenza. “La nostra politica monetaria – ha osservato – ci ha servito bene, e continuerà a farlo”. Anche nel caso in cui l’aumento del costo del denaro e degli spread dei governativi negli Usa dovesse impattare sull’Eurozona: se si verificasse tale ipotesi, il consiglio direttivo della Bce “rimane pronto a reagire a un qualsiasi restringimento non desiderato o non accettabile delle condizioni finanziarie che possa avere un impatto sull’outlook di medio periodo della stabilità dei prezzi”.