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Profondo rosso per borse e bitcoin

Wall Street perde il 4,6% e trascina al ribasso i listino mondiali. Male anche la moneta virtuale, che prosegue nella sua discesa e arriva sotto i 6.000 dollari

Non sarà il lunedì nero del 1987, quando in appena un giorno il Dow Jones perse più del 22%. Però la suggestione rimane, e così pure i rischi connessi a un eventuale panico dei mercati. Ieri, proprio nel giorno dell’insediamento di Jerome Powell alla guida della Federal Reserve, la borsa di Wall Street ha segnato un ribasso del 4,6%. Una flessione che arriva dopo una striscia di 112 sedute consecutive senza flessioni superiori al 1%. E che poteva rivelarsi ancor più pesante, visto che a un’ora dalla fine degli scambi il listino aveva segnato punte di -6%. A conti fatti, il flash crash ha comportato una perdita di oltre 1.500 punti: secondo molti, si tratta della peggior caduta della borsa in termini assoluti.
La paura si è rapidamente diffusa anche negli altri listini, contagiando innanzitutto le borse asiatiche: il Nikkei ha perso il 4,73%, Shenzhen il 4,44%, Shanghai il 3,35%. E pure l’apertura odierna delle borse europee è apparsa negativa, con i listini rimasti impantanati ampiamente sotto la parità.
Gli analisti si dividono: difficile dire se il crollo sia soltanto una correzione momentanea o possa invece tradursi in un trend di lungo periodo. Secondo alcuni, la flessione sarebbe soltanto la naturale conseguenza delle eccessive valutazioni di Wall Street: le società dell’indice S&P500 presentano una valutazione 27 volte superiore agli utili. Secondo altri, invece, alla base di tutto ci sarebbe paradossalmente il buon andamento dell’economia statunitense: dati positivi su salari e lavoro potrebbero infatti spingere la Fed ad accelerare il processo di normalizzazione della politica monetaria. La stessa banca centrale statunitense ha già annunciato tre aumenti dei tassi di interesse sui titoli di Stato. E i mercati, per non farsi trovare impreparati, hanno risposto portando il rendimento dei Treasury al 2.856%, praticamente ai massimi da gennaio 2014, per poi assestarsi definitivamente a 2,823%. Qualche sorpresa, certo, ma regola vuole che il rialzo dei tassi di interesse venga accompagnato da un ribasso delle borse.
Intanto, non si ferma la discesa del bitcoin: la moneta virtuale lascia sul terreno un altro 13%, dimezzando il valore registrato all’inizio dell’anno. Al Bitstamp, piattaforma di scambio basata in Lussemburgo, il bitcoin avrebbe addirittura abbattuto la soglia psicologica dei 6.000, attestandosi a quota 5.920 dollari. Alla base del trend ribassista, che prosegue ormai dalla prima settimana del 2018, ci sarebbero le crescenti restrizioni messe in campo da autorità regolamentari e investitori istituzionali. Dopo aver messo al bando gli exchange locali, la Cina ha esteso il divieto anche alle piattaforme estere. Alcuni istituti bancari, come Lloyd’s, Jp Morgan Chase e Citigroup, hanno bloccato l’uso di carte di credito per l’acquisto di monete virtuali, nel timore che un’ulteriore svalutazione possa impedire ai risparmiatori di saldare i propri debiti. E sullo sfondo si staglia il monito di Mario Draghi: “Sono al momento nello spazio non regolato, e dovrebbero essere viste come asset molto rischiosi, soggetti ad alta volatilità e speculazione”, ha detto ieri il presidente della Banca Centrale Europea durante un’audizione al Parlamento Europeo.