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Bitcoin, alla prova dei derivati

Reazione tiepida al lancio del secondo future sulla moneta virtuale

Secondo round nella partita dei future sui bitcoin: a una settimana dal lancio del primo derivato al Chicago Board Options Exchange, la novità è approdata lunedì anche sui banchi del rivale Chicago Mercantile Exchange, il più grande operatore di derivati al mondo. Rivincita attesa, anche perché l’avvio al Cboe era stato funestato da continui imprevisti e interruzioni, ma il copione è rimasto sostanzialmente lo stesso: dopo un buon avvio, con uno scatto del 6% a quota 20.650 dollari, il derivato a gennaio è calato a un minimo di 18.345 dollari. Lo strumento si è attestato poi a quota 18.900, con punte di poco superiori per il future a febbraio (19.190 dollari) e marzo (19.340 dollari).

Il bitcoin, dal canto suo, si è mosso sulla stessa linea di quanto già avvenuto con il lancio del derivato sul Cboe, recuperando terreno dopo un iniziale ribasso. La scorsa settimana, la moneta virtuale si era mossa inizialmente in territorio negativo salvo poi, nel fine-settimana, risalire vertiginosamente e avvicinarsi alla soglia psicologica dei 20.000 dollari. Soglia che per qualcuno è già stata superata, anche se i dubbi rimangono.

Il lancio dei future sui bitcoin, oltre a istituzionalizzare un asset gestito finora in maniera “anarchica”, pone la possibilità di coprirsi contro l’eventuale rischio di svalutazioni o di scommettere sul ribasso della moneta virtuale. La reazione tiepida degli investitori al nuovo derivato sembra testimoniare un consensus diffuso su un ulteriore rialzo della criptovaluta. Tuttavia, i rischi non mancano. A cominciare dal fatto che, secondo molti analisti, la presenza del future potrebbe contribuire a far scoppiare la bolla.

I campanelli d’allarme non mancano. Dopo che Janet Yellen, dimissionaria presidente della Federal Reserve, aveva parlato di “asset altamente speculativo”, Axel Weber, presidente del cda di Ubs ed ex numero uno della Bundesbank, ha chiesto maggiori controlli alle autorità per tutelare gli investitori. “Il bitcoin non è una moneta perché non è universalmente riconosciuta”, ha affermato facendo emergere come non possa essere neppure considerata una riserva di valore a causa della sua volatilità. Sulla stessa linea anche il governo francese, che ha annunciato di voler portare il tema dei bitcoin al tavolo del prossimo G20: secondo il ministro delle Finanze Bruno Le Maire, “il rischio di bolla è evidente”. E inoltre, ha proseguito, il bitcoin “può nascondere attività come il traffico di droga e il terrorismo”.