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Sempre più iscritti a fondi pensione

Adesioni a quota 2,67 milioni, in rialzo del 12,7% negli ultimi tre anni

Cresce l’industria della previdenza complementare: stando ai numeri del Rapporto sui fondi pensione negoziali 2017, pubblicazione periodica curata da Assofondipensione, le adesioni si attestano a quota 2,67 milioni, in aumento del 12,7% negli ultimi tre anni. Numeri in crescita, ma ancora lontani dall’obiettivo di un pilastro privato solido e diffuso che possa davvero sostenere e integrare le prestazioni elargite dallo Stato. “Non possiamo trascurare – ha ammonito Giovanni Maggi, presidente di Assofondipensione – che oggi sono iscritti meno di un terzo dei lavoratori potenzialmente aderenti”. Un monito che, in un contesto di progressivo arretramento del welfare state, assume le caratteristiche di un’urgenza non più rinviabile.

Quello che manca, a detta di Assofondipensione, è una diffusa cultura previdenziale che possa far comprendere i benefici potenziali di una pensione di scorta. Anche perché i vantaggi, si legge nel rapporto, sono evidenti. A cominciare da un livello di rendimento che appare in grado di mantenersi stabilmente sopra la soglia obiettivo del tasso di rivalutazione del Tfr: dal 2008 al giugno 2017, a fronte di un trattamento di fine rapporto fermo a +22,5%, il rendimento medio dei fondi pensione negoziali si è attestato a +36,5%. Forbice ancor più larga se si restringe l’arco temporale agli ultimi cinque anni: in questo caso, il divario si amplia dal +8,9% del Tfr al +29,1% dei fondi pensione negoziali.

Pensioni più alte, ma anche benefici generalizzati all’interno del tessuto produttivo attraverso investimenti nell’economia reale. Un circolo virtuoso già ben avviato, con sette istituti che hanno mosso i primi passi nel settore attraverso fondi di investimento o mandati specializzati. E i vantaggi, una volta che pratica sia davvero diffusa all’interno del settore, potranno essere ancora più alti. A patto, ha concluso Maggi, che si creino “le condizioni per consentire ai fondi pensioni di destinare, liberamente e volontariamente, almeno una parte del risparmio previdenziale al finanziamento dell’economia reale e allo sviluppo infrastrutturale”.