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Ocse, giovani italiani in pensione a 71 anni

L’istituto stima l’impatto della legge Fornero sull’età di pensionamento dei nuovi lavoratori. Record di tasso di contribuzione e spesa pensionistica

Un miraggio. Secondo la stima pubblicata dall’Ocse nel rapporto Pension at a Glance 2017, i giovani che hanno iniziato a lavorare nel 2016 potranno andare in pensione a 71 anni e 2 mesi. Il dato dipende dalla valutazione dell’impatto della legge Fornero, che lega l’uscita dal lavoro alle aspettative di vita, come hanno fatto Danimarca, Finlandia, Olanda Portogallo e Slovacchia. L’Italia è seconda solo alla Danimarca, dove i futuri pensionati dovranno avere 74 anni, mentre la media nei Paesi dell’area Ocse è stimata a 65,5 anni. Resta alta la spesa pensionistica italiana, che è superiore al 16% del Pil, seconda in Europa solo alla Grecia. Entro il 2060, secondo stime di Bruxelles, dovrebbe calare di circa 2 punti percentuali. 


Età effettiva più bassa


Nonostante la legge Fornero, l’età effettiva per lasciare il lavoro è ancora sotto i 63 anni. Da questo punto di vista l’Ocse registra un divario tra età legale ed effettiva di uscita per pensionamento pari a 0,8 anni per gli uomini e 0,2 anni per le donne. Non in Italia. Nel nostro Paese l’età effettiva di pensionamento e di uscita dal mercato del lavoro è per gli uomini di 4,4 anni inferiore a quella di uscita per vecchiaia (66,6 anni), il divario più alto dell’area Ocse. Il dato di uscita effettivo è di 62,1 anni, uno dei più bassi fra le principali economie, con il record in mano alla Francia che ha una età effettiva di pensionamento di soli 60,0 anni per gli uomini. Non vanno meglio i dati relativi alle donne italiane, dove la differenza fra età di uscita effettiva è di 4,3 anni (61,3 anni contro 65,6 anni) inferiore solo ai 5,3 anni registrati in Belgio, dove bastano 59,7 anni per andare in pensione. Significativo il caso della Corea del Sud che presenta un divario di senso opposto: a fronte di un’età di pensionamento ufficiale di 61 anni, gli uomini escono effettivamente dal mercato del lavoro a 72 anni e le donne a 72,2 anni. 


Tasso di contribuzione record

Preoccupazione vengono espresse dalla associazioni di categoria, sia dei lavoratori che degli imprenditori, che mettono in evidenza come la presenza di squilibri generazionali nel sistema previdenziale italiano. Unimpresa in particolare sottolinea la difficoltà in futuro di gestire la formazione al cambiamento di una forza lavoro in età avanzata. Sul futuro del mercato del lavoro italiano pesa sensibilmente un altro dato: il tasso di contribuzione previdenziale, che si attesta al 33% (9,2% da parte del dipendente e 23% da parte del datore di lavoro), un valore quasi doppio della media Ocse (18,4%).