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Fondi pensione, l’anno nero dei rendimenti

Reggono soltanto le gestioni separate di ramo I, poi tutte le formule di previdenza complementare scivolano nel 2022 in territorio negativo. In calo anche le risorse destinate alle prestazioni, mentre aumentano le posizioni in essere e gli iscritti

Il 2022 è stato un anno particolarmente difficile per il settore della previdenza complementare. Praticamente tutte le forme di previdenza integrativa, secondo l’ultimo aggiornamento statistico della Covip, hanno infatti registrato rendimenti in territorio negativo a causa del calo dei corsi azionari e del contestuale rialzo dei tassi di interesse, cosa che ha comportato un affossamento del corso dei titoli obbligazionari. La performance peggiore è stata quella dei Pip di ramo III, che hanno messo a bilancio un rosso dell’11,5%, mentre fondi negoziali e fondi aperti hanno perso rispettivamente il 9,8% e il 10,7%. In positivo soltanto le gestioni separate di ramo I, che contabilizzano le attività al costo storico (e non ai valori di mercato) e i cui rendimenti dipendono in larga misura dalle cedole incassate sui titoli detenuti: per loro il risultato finale è stato pari all’1,1%.

Una valutazione su orizzonti temporali più lunghi, e dunque più consoni al risparmio previdenziale, mostra invece una maggiore tenuta del settore. Negli ultimi dieci anni, illustra la commissione di vigilanza, il rendimento medio annuo composto, al netto dei costi di gestione e della fiscalità, è stato infatti pari al 2,2% per i fondi negoziali, al 2,5% per i fondi aperti, al 2,9% per il Pip di ramo III e al 2% per le gestioni separate di ramo I, cosa che mette ben in evidenza come i comparti caratterizzati da una maggiore esposizione azionaria abbiano registrato performance migliori rispetto alle altre formule e, non secondariamente, a una rivalutazione del tfr che nello stesso periodo si è fermata al 2,4%.

In contrazione pure le risorse destinate alle prestazioni, influenzate negativamente dall’andamento dei mercati azionari e dalle conseguenti perdite in conto capitale: il dato, a fine 2022, si ferma a 205 miliardi di euro, 61 miliardi in meno rispetto all’anno precedente.

L’unica nota positiva per il settore arriva dall’aumento delle posizioni in essere: alla fine dello scorso anno, secondo la Covip, se ne contavano 10,3 milioni, in rialzo del 5,8% sul dato del 2021. Il totale degli iscritti, considerando anche il fenomeno delle cosiddette duplicazioni e dunque di chi risulta contemporaneamente aderente a più di una forma di previdenza complementare, è risultato pari 9,2 milioni.

L’incremento è dettato principalmente dall’exploit (+10,1%) fatto registrare dai fondi negoziali e, più nel dettaglio, dal dispositivo delle adesioni contrattuali: il contributo maggiore è arrivato grazie al meccanismo del silenzio assenso per i neo assunti del pubblico impiego, con circa 80mila adesioni. Bene anche fondi aperti (+6,1%) e pip di ramo III (+2,3%).