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Pensioni, ritocchi contro il carovita

Assegni previdenziali più sostanziosi con l'approvazione del decreto legge Aiuti bis: adeguamento delle pensioni all'indice di inflazione nel 2021 e anticipo della rivalutazione inizialmente prevista per gennaio. L'aumento dei prezzi al consumo avrà tuttavia ripercussioni anche sul bilancio dell'Inps

L'approvazione del decreto legge Aiuti bis porta con sé qualche novità anche in materia di pensioni. Il governo ha innanzitutto disposto il conguaglio sull'indicizzazione dell'inflazione nel 2021: si tratta di un ritocco dello 0,2%, dettato dalla differenza fra inflazione prevista (1,7%) ed effettiva (1,9%) registrata lo scorso anno.
L'esecutivo ha poi anticipato a ottobre parte della rivalutazione che sarebbe dovuta scattare a gennaio. La misura, nel dettaglio, prevede un adeguamento dell'assegno previdenziale fino a un massimo del 2% per tutti coloro che percepiscono un reddito pensionistico di meno di 2.692 euro al mese: la rivalutazione sarà pari al 100% per chi riceve meno di 2.092 euro al mese, del 90% per chi riceve meno di 2.615 euro al mese e del 75% per chi riceve più di 2.615 euro al mese. Il resto dell'adeguamento, stimato attorno all'8%, arriverà a gennaio.


Interventi di sostegno contro l'inflazione

Entrambi i provvedimenti sono stati introdotti per sostenere i pensionati di fronte alla fiammata dell'inflazione. L'Istat ha confermato che lo scorso agosto l'aumento dei prezzi al consumo ha messo a segno un balzo dell'8,4% su base annua, raggiungendo livelli che non si vedevano dal 1985. Ancora più marcata la crescita dei prezzi per il cosiddetto carrello della spesa, arrivata a un sorprendente +9,6%.
“Sono l'energia elettrica e il gas mercato libero che producono l'accelerazione dei prezzi dei beni energetici non regolamentati (in parte mitigata dal rallentamento di quelli dei carburanti) e che, insieme con gli alimentari lavorati e i beni durevoli, spingono l'inflazione a un livello (+8,4%) che non si registrava da dicembre 1985 (quando fu pari a +8,8%)”, fanno sapere dall'istituto di statistica.


L'impatto sul bilancio dell'Inps

L'andamento dell'inflazione pone dunque la necessità di interventi che possano allentare la pressione sui cittadini e, in particolare, su quelli più fragili. Come appunto i pensionati, caratterizzati da un reddito tendenzialmente poco variabile e soggetti a una rivalutazione dell'assegno previdenziale che non sempre consente di recuperare il proprio potere d'acquisto. 

Qualche intervento in materia di pensioni, come quelli appena varati, è dunque necessario. Tutto ciò genererà tuttavia una certa pressione sul bilancio dell'Inps: secondo i tecnici dell'istituto, un'inflazione all'8% si tradurrebbe in un aumento della spesa di 24 miliardi di euro nel 2023. Il tutto senza contare gli effetti dei possibili interventi previdenziali che sono stati ventilati in queste settimane di campagna elettorale. I conti li hanno fatti ancora una volta i tecnici dell'Inps.


Gli effetti delle riforme

Il ricalcolo contributivo della pandemia in caso di uscita con 64 anni di età e 35 anni di contributi, in presenza di un trattamento pari almeno a 2,2 volte l'assegno sociale, avrebbe un costo di quasi 900 milioni di euro il primo anno: nel triennio 2023-25 richiederebbe uno stanziamento di quasi sei miliardi di euro, che arriverebbe a 3,7 miliardi nel 2029. Una penalizzazione del 3% della parte retributiva dell'assegno per ogni anno di anticipo, sempre in un formato 64-35, genererebbe una maggiore spesa di un miliardo nel 2023 e raggiungerebbe un picco di oltre cinque miliardi di euro nel 2029. La proposta del presidente dell'istituto Pasquale Tridico, infine, prevede il pensionamento a 63 anni di età e 20 anni di versamenti, ma solo della quota contributiva dell'assegno, mentre quella retributiva sarebbe elargita al raggiungimento dei requisiti di vecchiaia: la misura avrebbe un costo di circa 500 milioni di euro il primo anno e di 2,5 miliardi nel 2029.