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Fondi pensione, attenzione alla riforma fiscale

L’indagine conoscitiva delle commissioni parlamentari propone modifiche alla tassazione degli strumenti di previdenza complementare: via il sistema ETT e introduzione di un regime che tassa unicamente la prestazione finale. Le voci critiche, però non mancano

Le commissioni Finanze di Camera e Senato, dopo sei mesi di lavoro e oltre sessanta audizioni parlamentari, hanno pubblicato il documento conclusivo dell’indagine conoscitiva sulla riforma del sistema fiscale. Il testo costituirà probabilmente la base per una legge delega di ridefinizione del sistema tributario. E fra le tante materie toccate c’è anche la previdenza complementare.
Il settore della previdenza complementare, com’è noto, gode di un trattamento fiscale di favore. Il sistema adotta il cosiddetto modello ETT, ossia esente-tassato-tassato. Nel dettaglio, la disciplina attuale prevede la detassazione dei contributi versati, che risultano inoltre deducibili dal reddito complessivo per una cifra massima di 5.164,57 euro all’anno. Sono invece tassati i rendimenti degli investimenti, sottoposti a un’aliquota del 20% che risulta inferiore rispetto al 26% di altre forme di investimento. E sono tassate anche le prestazioni finali, seppur con un’aliquota piuttosto contenuta: la disciplina prevede infatti una ritenuta del 15%, ridotta dello 0,3% per ogni anno di partecipazione successivo al 15esimo fino a un minimo del 9%, meccanismo quest’ultimo volto a incentivare la permanenza nei fondi pensione.


Le novità della riforma fiscale

Il documento redatto dalle due commissioni propone invece l’adozione del modello EET, ovvero esente-esente-tassato, di gran lunga prevalente nel resto d’Europa. Stando alle conclusioni dell’indagine, non cambierebbe dunque niente sul fronte dei contributi: i versamenti resterebbero detassati e soggetti, come oggi, a deducibilità per un limite massimo di 5.164,57 euro. Anche i rendimenti in questo caso sarebbero esenti da qualsiasi tipo di tassazione, mentre le prestazioni finali sarebbero soggette a un nuovo tipo di imposizione fiscale. Il documento, a tal proposito, non fornisce alcuna indicazione puntuale sull’entità delle trattenute che sarebbero applicate alle prestazioni, limitandosi a parlare della necessità di “uniformare la tassazione in fase di prestazione, considerando la tassazione secondo le aliquote Irpef ordinarie”.
Secondo i relatori del documento, il passaggio al modello EET consentirebbe di “accrescere la redditività degli investimenti finalizzati alla costituzione di un trattamento previdenziale complementare, determinando in ultima analisi un suo aumento”, di “incentivare l’adesione alla previdenza complementare, con ovvi vantaggi in termini di sostenibilità del sistema pensionistico” e, in ultima analisi, di “uniformarsi al modello prevalente in Europa”.


Le critiche alla proposta

La proposta non è passata inosservata fra gli addetti ai lavori. E non sono mancate le critiche. Alberto Brambilla, presidente del centro studi e ricerche Itinerari Previdenziali, ha per esempio scritto su L’Economia che l’approvazione della proposta significherebbe “tornare alla Visco”, ossia alla legge n. 47/2000, e pertanto vorrebbe dire “distruggere la previdenza complementare”. Nello specifico, Brambilla rileva che “togliere la tassazione del 20% sui rendimenti (20% di un rendimento del 3% è 0,6%) e tassare ad aliquota marginale (cumulo dei redditi) le prestazioni finali” vorrebbe dire passare da una tassazione dello 0,6% a una che potrebbe arrivare fino al 46%.
Secondo Brambilla, “lo sviluppo dei fondi pensione è indispensabile per i cittadini e per il Paese”. Ed è “difficile far crescere i fondi pensione aumentando le tassazioni e confondendo il risparmio finanziario con quello previdenziale”. Per il presidente di Itinerari Previdenziali, le misure da prendere sono altre. Innanzitutto una riduzione della tassazione sui rendimenti, abbassandola “all’11% (e anche meno), portandola da annuale al maturato. E poi un aumento del limite di deducibilità dei versamenti, fermo fra l’altro al 2005 nonostante l’inflazione e l’aumento dei prezzi. Di tutto questo, scrive Brambilla nelle sue conclusioni, “non c’è traccia nel discutibile documento che, come nella migliore tradizione di chi si sente progressista, prevede solo un aumento delle tasse”.