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La crescita delle scaleup italiane

Il report di Mind the Bridge e AWS mostra un settore vivace nonostante il ritardo rispetto al resto del mondo

L’Italia delle scaleup continua a crescere nonostante la pandemia. Lo dicono i dati del nuovo report Tech Scaleup Italy 2020, realizzato da Mind the Bridge in collaborazione con Amazon Web Services (AWS), che mostrano l’ecosistema italiano delle scaleup che continua a svilupparsi e a migliorare, ma che tuttavia mostra ancora un ritardo significativo rispetto ai principali ecosistemi del mondo. Il report ha misurato e analizzato l'ecosistema scaleup nel nostro Paese mettendolo a confronto anche con il resto d’Europa. Inoltre, grazie a un esteso sondaggio (con un tasso di risposta di oltre il 50%), in grado di andare oltre i dati del capitale raccolto, rivela quanto valore producono e che contributo danno in termini di posti di lavoro le scaleup italiane.


Identikit delle aziende

In media le scaleup italiane sono medio-piccole aziende di circa 25-50 persone che producono circa 1,6 milioni di euro di ricavi annui. Il 10% è rappresentato da aziende più strutturate con oltre 250 dipendenti e fatturato superiore a 10 milioni. L’83% ha meno di dieci anni (in media 7,5). La metà impiega circa 3,4 anni per passare alla fase di scaleup, l’altra metà ci riesce in circa 2 anni. Una su cinque ha raccolto fondi nei primi tre trimestri del 2020, confermando il rinnovato dinamismo dell'ecosistema italiano.



Come e dove si finanziano?


Le scaleup italiane hanno raccolto cumulativamente 2,7 miliardi di dollari di finanziamenti, pari all'1,4% dell'importo totale raccolto in Europa. La stragrande maggioranza (2,4 miliardi di dollari, 87% del totale) proviene da Venture Capital (di questi il 46% sono capitali italiani, mentre il 23% proviene da investitori Usa e il 6% dal Regno Unito). Sono 27 le scaleup hanno raccolto 326 milioni di dollari (12% del capitale totale) attraverso quotazione sul mercato azionario (leggi IPO) leggermente meno della media europea (14%). In genere si quotano sulle borse nazionali: 21 scaleup (78% del totale) sono quotate su AIM e solo 1 (Yoox) sul mercato principale. Rimane marginale con una percentuale dell’1% (19 milioni di dollari) il ruolo delle ICO, molto più in voga un paio di anni fa.

Open innovation e investimenti pubblici
In ottica open innovation, le aziende - tramite propri CVC o in maniera diretta - hanno partecipato a circa il 18% dei round di investimento in scaleup (equivalenti al 32% del capitale totale raccolto). La maggior parte di queste è italiana.
In parallelo si registra un crescente sostegno pubblico all'ecosistema dell'innovazione italiano. Negli ultimi anni, circa 86 milioni di dollari di investimenti (3,6% del totale) in scaleup italiane hanno visto la partecipazione di fondi VC sostenuti pubblicamente. Più della metà è stato investito quest'anno, principalmente attraverso i nuovi veicoli di partecipazione di CDP (Cassa Depositi e Prestiti).

Lo sviluppo nel 2020
Secondo la ricerca Tech Scaleup Italy 2020, a dicembre 2019, l'Italia ospitava 228 scaleup che in totale hanno raccolto 2,3 miliardi di dollari in equity e fatturato circa 2,2 miliardi di dollari (circa lo 0,08% del PIL italiano) dando occupazione a circa 13.000 persone (lo 0,06% del dato generale italiano). A settembre 2020 queste sono diventate 261 (il 3% del totale europeo) grazie all’ingresso di ulteriori 33 scaleup e a 375 milioni di dollari di nuovo capitale (all'incirca quanto nell’intero 2019, 397 milioni di dollari). 
Gli esperti stimano che l'Italia chiuda il 2020 (dati che saranno confermati nei prossimi mesi) con 680 milioni di dollari di nuovi finanziamenti e con circa 48 nuove scaleup, portando il totale a 276. Quindi un anno record, nonostante Covid-19.

L’ecosistema italiano e quello internazionale
L’Italia è decima in Europa, secondo i dati di fine 2019: Regno Unito, Francia e Germania guidano la classifica con 2.661, 1085 e 797 scaleup. Un’idea delle dimensioni la danno anche i finanziamenti, 2,7 miliardi di dollari raccolti cumulativamente (a settembre 2020), l’equivalente dello 0,1% del Pil, molto al di sotto della media europea (0,73%), un dato inferiore anche rispetto ai vicini dell’Europa meridionale: Spagna (0,35%), Portogallo (0,25%), Grecia (0,13%).
Parliamo di 0.43 scaleup per ogni 100mila abitanti (Scaleup Density Ratio), in grado di raccogliere appunto cumulativamente 2,7 miliardi di dollari (1.4% del totale europeo, con uno Scaleup Investing Ratio pari allo 0.10%) che rappresenta lo 0,1% del PIL nazionale. Nell’ultimo anno sono state registrate solo 6 Scaler (aziende in grado di raccogliere oltre 100 milioni di dollari dalla fondazione) contro le 92 presenti in UK e le 46 in Germania e nessuna Super Scaler (oltre $1B in capitale raccolto) contro le 6 presenti in UK e le 3 in Germania.
Si tratteggia dunque un ecosistema delle scaleup italiane (le ex startup diventate “adulte” o le aziende tecnologiche in grado di raccogliere oltre un milione di dollari), in forte ritardo rispetto a paesi vicini, eppure in crescita nonostante la pandemia da Covid-19, al contrario di quanto è accaduto nel resto d’Europa nel 2020. Un mondo che rappresenta il 3% delle scaleup presenti in Europa e vale l’1,4% dei finanziamenti raccolti dal settore nel Vecchio Continente.

Lo sguardo degli esperti sul futuro
“I dati preliminari indicano una prevedibile tendenza al ribasso in Europa in termini di nuove scaleup, circa -25% anno su anno, e di capitale raccolto, circa -20% anno su anno. Una flessione importante, soprattutto se confrontata con la contrazione stimata del Pil europeo, attualmente tra il -7 e il -12%. Eppur l’Italia delle scaleup cresce e produce fatturato e occupazione - ha commentato Alberto Onetti, chairman di Mind the Bridge - Attenzione: questi dati vanno però letti con la “lente del domani” poiché il comparto delle startup e scaleup cresce molto velocemente, per cui i piccoli numeri che produce oggi sono destinati ad aumentare. Non si può dire lo stesso per il settore impresa tradizionale dove si registra invece un sostanziale e strutturale immobilismo”.