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Opportunità dalle migrazioni verso l’Europa

Affrontare il tema dei flussi migratori con una nuova prospettiva, in modo razionale, con politiche del lavoro transnazionali e un uso strategico della tecnologia. L’analisi del fenomeno nel recente rapporto realizzato da Ispi

I cittadini europei guardano le persone che attraversano i confini nazionali con paura, ed è molto difficile per loro affrontare la questione un modo razionale. A questo si aggiunge che il rischio di nuovi, improvvisi picchi di migrazione irregolare verso l'Europa non è pari zero. La Spagna ha registrato un significativo aumento di arrivi. Il presidente turco Tayyp Erdoğan minaccia di inviare più migranti in Europa, anche se quelli attualmente ospitati sulle isole greche rimangono in condizioni terribili. E la Libia potrebbe essere una polveriera pronta ad esplodere. E’ possibile cambiare prospettiva e trasformare i flussi migratori in opportunità?
Ispi, Istituto per gli Studi di Politica Internazionale, con il rapporto The future of Migration to Europe dimostra che la migrazione non dovrebbe essere temuta e nemmeno dovrebbe essere affrontata come un fenomeno impossibile da gestire. E che, al contrario, cambiando la prospettiva e affrontandola in modo razionale può diventare un’opportunità di crescita e sviluppo per i paesi d’origine e per quelli ospitanti.

2013-2017: una crisi passata?
La Rotta del Mediterraneo orientale - che collega la Turchia alla Grecia - ha raggiunto il livello massimo dei flussi nell'ottobre 2015 (quando di più di 200mila persone hanno attraversato il confine in modo irregolare in un solo mese) e si è concluso all'inizio del 2016, dopo che la dichiarazione UE-Turchia ha ridotto i flussi al minimo. Lo stesso è successo a luglio 2017 per la rotta del Mediterraneo centrale, dopo che l'Italia e UE hanno stretto accordi con i paesi di transito nell'Africa subsahariana, e i trafficanti in Libia hanno iniziato a trattenere i migranti più a lungo invece di inviarli in mare come conseguenza di un controllo più efficace da parte delle autorità locali.
Molti ricordano ancora il tentativo europeo di aiutare l'Italia e la Grecia nel 2015. Allora, gli stati membri si erano formalmente impegnati ad accogliere un totale di 100mila richiedenti asilo in due anni, provenienti dai Paesi di prima accoglienza. Eppure, a quattro anni di distanza, le persone effettivamente ridistribuite sono state solo 35.000, mentre oltre 600mila sono quelle giunte in Europa approdando in Italia, Grecia o Spagna nello stesso lasso di tempo.

La percezione dell’opinione pubblica
Va sottolineato quindi che l'opinione pubblica europea non sembra pronta a ritenere la crisi come una cosa del passato. Secondo l’indagine di Eurobarometro, a fine 2019, il 34% dei cittadini europei classificava la “questione immigrazione" tra le più importanti che l'UE deve affrontare. Nel 2015 era il 58%, ma l'immigrazione rimane oggi il primo motivo di preoccupazione dei cittadini europei, seguito - a distanza - dai cambiamenti climatici (22%) e dalla situazione economica (18%).

I tentativi dei paesi dell’EU
In questo contesto, i Paesi dell'UE hanno tentato in fretta di trovare soluzioni tampone, agendo su più fronti ma con scarsi risultati. In sostanza, i Paesi dell'UE continuano a lottare per trovare soluzioni alternative per favorire una migrazione sicura, ordinata e regolare: per le persone che migrano per motivi di lavoro, familiari e di istruzione; o per chi ha bisogno di protezione in Europa e ha bisogno di muoversi lungo il percorso senza rischiare la vita. Ma più in generale, i paesi dell'UE sembrano molto poco desiderosi di guardare avanti e pianificare di conseguenza.

La migrazione dall’Africa va affrontata in modo corretto

Nel rapporto gli esperti Ispi hanno analizzato le tendenze strutturali che danno origine ai flussi migratori dall'Africa verso l’UE, tenendo conto delle forze demografiche ed economiche, e cercato di sfruttare questa conoscenza per prevedere cosa potrebbe accadere nei prossimi vent’anni. L’Africa è un continente geograficamente vicino all'Europa e con la crescita più rapida popolazione nel mondo. La popolazione africana raddoppierà tra il 2010 e il 2040, passando da 1 a 2 miliardi di persone. Tuttavia, gli autori ritengono che la migrazione dall'Africa all'Europa non seguirà la stessa tendenza se si attua un approccio più sensato alla politica migratoria. È evidente la necessità di evitare allarmismo per affrontare in modo corretto il futuro e ridurre al minimo l'entità delle sfide che ci troveremo ad affrontare.

Migrazione internazionale: sfide e opportunità
Nella relazione di Ispi si dimostra che la migrazione internazionale pone sia sfide che opportunità e indirizza il rapporto tra migrazione e agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile. La mancanza di opportunità e investimenti nei Paesi di origine può guidare la migrazione. Ma la migrazione può anche migliorare lo sviluppo e gli investimenti nei Paesi di origine (attraverso rimesse e investimenti privati), coprire i posti di lavoro vacanti, favorire l'innovazione nei Paesi ospitanti e svolgere un ruolo di sviluppo lungo il percorso.
Gli autori chiedono in che modo la migrazione può contribuire al raggiungimento degli obiettivi dell'Agenda 2030, dimostrando che la migrazione non è un "problema" di sviluppo, ma un meccanismo o una strategia che può contribuire al raggiungimento di molti degli obiettivi economici di tutti.

Favorire la creazione di posti di lavoro transnazionali
Gli esperti Ispi si chiedono se lo sviluppo economico nei Paesi poveri faccia diminuire la migrazione o sia il contrario. La retorica di molti politici in Europa dimostra che essi credono che, fornendo aiuto, stiano affrontando le "cause alla radice" dell'emigrazione e riducendo quindi ulteriori movimenti oltre i confini. Ma questa visione è troppo semplicistica, perché la migrazione non è (solo) guidata dalla mancanza di opportunità economiche. I politici europei dovrebbero dirigere gli aiuti verso la creazione di posti di lavoro permettendo il superamento delle frontiere. Ma senza promuovere nuovi tipi di percorsi legali di migrazione del lavoro non riusciranno a gestire questo movimento a lungo termine e approfittare dell'impatto potenzialmente positivo che potrebbe avere sui mercati del lavoro europei.

Il ruolo della tecnologia nel processo di integrazione
Il report ha focalizzato la propria attenzione anche sul ruolo della tecnologia nel processo di integrazione dei migranti in Europa. Intelligenza artificiale, blockchain e big data stanno modificando la connessione tra cittadini e comunità. Le stesse tecnologie possono anche contenere la chiave per sbloccare il potenziale per politiche di integrazione. Se usate come uno strumento strategico, le nuove tecnologie possono contribuire a fornire risultati migliori sia per i migranti che per i cittadini in modo più sostenibile.
La chiave è andare oltre uno "Stato digitale": uno Stato in cui la produzione e la consegna di informazioni e servizi all'interno dei governi e tra governi e cittadini si basi su un approccio incentrato sull'utente e su procedure abilitate alle TIC. Questo può aiutare a spostarsi dalle risposte "di emergenza" a "strutturali".