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Sanità, un quarto degli italiani deve rinunciare a curarsi

Le disponibilità finanziarie, secondo una ricerca di Deloitte, pesano sulle possibilità di accesso alle cure: visite specialistiche e diagnostica strumentale, per esempio, risultano disponibili soprattutto per chi dispone di un reddito elevato. Eppure gli utenti promuovono il sistema sanitario nazionale

Il 29% degli italiani, praticamente più di uno su quattro, è stato costretto a rinunciare nell’ultimo anno a cure mediche per motivi economici. Al sud e nelle isole il dato risulta ancora più alto, con punte che schizzano rispettivamente al 36% e al 40%. Visite specialistiche e diagnostica strumentale, come ecografie, radiografie e tac, risultano accessibili soprattutto a chi ha potuto dichiarare un reddito elevato: ben il 60% degli italiani abbienti ha potuto farvi ricorso, contro il 50% di chi ha dichiarato invece un reddito basso. E la distribuzione geografica dei centri di eccellenza, tutt’altro che uniforme, alimenta il fenomeno del cosiddetto turismo sanitario. Quando, chiaramente, ci si può permettere.
Sono i numeri della disuguaglianza sanitaria fotografata dalla prima edizione dell’Outlook Salute Italia 2021 – Prospettive e sostenibilità del sistema sanitario, indagine demoscopica realizzata su un campione di oltre 3.500 da Deloitte nell’ambito del progetto Impact for Italy.

Sanità promossa, nonostante tutto
Il quadro che ne emerge è dunque quello di un sistema sanitario rimasto soltanto a parole universale, con ampie fasce della popolazione che risultano di fatto escluse da servizi essenziali di cura. Sebbene la fruizione delle prestazioni sanitarie risulti infatti distribuita su tutta la popolazione nazionale, concentrandosi principalmente su esami di laboratorio (66%) e visite dal medico di famiglia o dal pediatra (64%), l’accesso a visite specialistiche e diagnostiche risulta, come visto, pesantemente condizionato dalle disponibilità economiche dell’utente.
Le aree di sofferenza quindi non mancano. Eppure, nonostante tutto, il sistema sanitario supera comunque la prova degli utenti: su una scala da 0 a 10, il sistema pubblico si porta a casa una valutazione complessiva di 6,3. Meglio ancora fa la sanità privata, che si colloca in fascia positiva con un giudizio di 7,3. Particolarmente apprezzati risultano i servizi di prossimità come il 118 (6,8), le prestazioni offerte dal medico di famiglia o dal pediatra (6,8) e i servizi aggiuntivi che vengono offerti in farmacia (6,6).

Lunghe attese e turismo sanitario
Accanto alle note positive permangono tuttavia pesanti criticità. A cominciare da tempi di attesa che non raggiungono la sufficienza in nessuno degli ambiti di indagine: ricoveri ospedalieri, diagnostica e visite ambulatoriali ottengono tutti una valutazione inferiore al 5.
La situazione, stando ai risultati dell’indagine, risulta in ulteriore deterioramento nel corso dell’ultimo anno. E contribuisce ad alimentare il già citato fenomeno del turismo sanitario: lunghi tempi di attesa e assenza di centri d’eccellenza nelle immediate vicinanze spingono sempre più italiani a spostarsi per avere un accesso adeguato alle cure. Negli ultimi tre anni, secondo la ricerca, circa un terzo degli italiani si è spostato in un’altra regione per effettuare visite specialistiche o essere sottoposto a ricoveri ospedalieri. A pesare sono soprattutto la ricerca di strutture o medici specifici, l’esigenza di una migliore qualità delle prestazioni e, come visto, gli eccessivi tempi di attesa.

Polizze e digitalizzazione poco diffuse
In questo contesto, le polizze sanitarie risultano poco diffuse. Sebbene lo strumento sia ormai conosciuto fra la popolazione, appena un italiano su cinque dichiara di averne sottoscritta una. Pesa la diffidenza verso questo genere di soluzioni, con il 49% dei non assicurati che non appaiono intenzionati all’acquisto perché i costi vengono percepiti come troppo elevati (44%) o perché non viene ancora avvertita la necessità di sottoscrivere una soluzione di protezione (30%). Viceversa, il giudizio fra chi ha sottoscritto una polizza appare pienamente positivo: il 76% degli attuali clienti consiglierebbe l’acquisto a parenti e amici.
Anche la trasformazione digitale risulta ancora limitata: per il 38% del campione il livello di digitalizzazione del comparto sanitario è inferiore ad altri settori. D’altro canto, se l’offerta appare scarsa, non è che sull’altro fronte sembra esserci una forte domanda di digitalizzazione: poco più della metà della popolazione (59%) conosce il fascicolo elettronico. Più in generale, l’utilizzo del digitale risulta ancora circoscritto: solo il 37% del campione ha ricevuto un referto medico via e-mail e il 35% ha prenotato online una prestazione sanitaria, mentre un misero 8% ha usufruito di servizi di telemedicina.