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Se il lavoro si adatta al lavoratore

Da qualche anno, silenziosamente, il volto del mercato occupazionale italiano sta cambiando. Le normative fiscali hanno spinto le aziende a rimodellare i loro contratti, mentre i benefit in forma di welfare sono sempre più richiesti

Il mercato del lavoro in Italia è più dinamico di quanto non si creda. Le politiche di remunerazione e di organizzazione sono sempre più disegnate in funzione delle esigenze dei lavoratori. È questo il quadro tracciato da Confindustria nella sua Indagine sul lavoro 2019. Stando agli ultimi dati di Ocse, il tasso di disoccupazione medio nei Paesi che ne fanno parte è rimasto stabile al 5,2% a ottobre, con 33,2 milioni di persone senza lavoro. Nell’area dell’euro la situazione è più complessa e il valore medio si attesta al 7,5%. Il tasso di disoccupazione è rimasto sostanzialmente stabile nella maggior parte dei Paesi ma è sceso di 0,2 punti percentuali in Italia, al 9,7%: intendiamoci, niente per cui cantare vittoria. Ma questi dati, certamente utili per far emergere il contesto, non esauriscono le sfaccettature di un mondo che, silenziosamente, negli ultimi quattro anni sta cambiando, diventando sempre più eterogeneo e difficile da inquadrare, anche grazie alle normative che sono intervenute e all’iniziativa delle singole imprese.

I premi di produttività si diffondono 

Secondo l’indagine di Confindustria, un’impresa su cinque applica un contratto aziendale con premio, e quasi una su tre solo nel comparto industriale. Il 21% delle aziende associate a Confindustria applica attualmente un contratto collettivo aziendale che prevede l’erogazione di un premio variabile collettivo. Nell’industria, al netto delle costruzioni, la diffusione della contrattazione aziendale di contenuto economico si attesta in media al 29% (contro il 13,7% nei servizi), passando dal 10,6% tra le aziende fino a 15 addetti al 32,4% tra quelle con 16-99 addetti, e raggiungendo il 76,8% tra quelle con 100 e più lavoratori. Il 2016 è l’anno della svolta per la contrattazione aziendale. Il 12% del totale delle imprese con un contratto di questo tipo dichiara che ha cominciato ad applicarlo dal 2016, cioè da quando è stato introdotto in via strutturale un regime fiscale agevolato sulle retribuzioni premiali legate a incrementi di produttività aziendale. Per le imprese fino a 15 addetti, la percentuale sale mediamente al 19,7%, di cui il 16,7% nell’industria e ben il 35,7% nei servizi.

La vera novità è il welfare 

Ma è forse un’altra la vera innovazione degli ultimi anni. Tra le imprese che applicano un contratto aziendale che prevede l’erogazione di un premio variabile collettivo, in oltre il 35% dei casi lo stesso contratto prevede che il premio sia convertito in welfare, qualora il dipendente volesse farlo. L’opzione è più diffusa al crescere della dimensione aziendale: nell’industria è prevista dal 27% dei contratti in imprese fino a 15 dipendenti, dal 29,7% in quelle con 16-99 addetti e da quasi la metà in quelle con oltre i 100 addetti. Nella prima metà del 2019, oltre il 60% delle imprese associate a Confindustria metteva a disposizione dei dipendenti (non dirigenti) uno o più servizi di welfare. L’offerta di sanità integrativa e previdenza complementare vanno per la maggiore: quasi la metà delle aziende associate, si legge nell’indagine, versa contributi in fondi di assistenza sanitaria integrativa, mentre la diffusione della previdenza complementare è al 28,7%. Per entrambe le forme di welfare la percentuale di imprese che le mettono a disposizione dei propri dipendenti è molto elevata tra le aziende grandi, in particolar modo nell’industria, dove i dati superano l’80% per le cure, e il 75% per la pensione. Un’azienda su cinque mette a disposizione almeno un fringe benefit, tra cui autovetture a uso promiscuo o prestiti agevolati; meno del 10% (ma nelle grandi imprese è sopra il 20%) è la diffusione del cosiddetto carrello della spesa, cioè un tipo di benefit che comprende un concreto sostegno al potere d’acquisto dei dipendenti, ancor più se distribuito attraverso accordi con specifici esercenti.

Dal 2016 è cambiato tutto 

Gli interventi normativi negli ultimi anni hanno notevolmente ampliato il regime fiscale agevolato dei premi variabili collettivi, nonché quello sul welfare aziendale. Nonostante Confindustria ammetta che le aziende grandi siano sovrarappresentate nell’indagine, la diffusione delle politiche monitorate (contrattazione aziendale, erogazione di welfare e smart working) è in media più elevata rispetto alle altre categorie di imprese. Tuttavia, la presenza di un contratto aziendale con un premio è in crescita per tutte le classi dimensionali e i settori considerati, con aumenti che oscillano tra i due e i cinque punti percentuali dal 2017 al 2019. Ma non basta, perché la diffusione degli accordi di welfare aziendale (premi convertiti in servizi) nel 2019 risulta più che raddoppiata rispetto al 2018: dato che rende evidente la forte propensione dei lavoratori per questa opzione. Infine, per fare un esempio, la diffusione di benefit come il carrello della spesa e l’assistenza ai familiari anziani o non autosufficienti è quadruplicata nell’arco del triennio 2017-2019. L’aumento, precisa Confindustria, si deve attribuire proprio ai cambiamenti normativi introdotti dalla legge di bilancio 2016.