lo-spread-cala-ma-l-italia-e-in-stagnazione

Lo spread cala ma l'Italia è in stagnazione

I primi dati dell'Istat mostrano nel secondo trimestre 2019 crescita zero e una diminuzione dello 0,1% su base annua. Male il fatturato e gli ordini nell’industria, mentre i contratti a tempo indeterminato aumentano

Doccia fredda al rientro dalle ferie per l’economia italiana. Mentre lo spread cala sotto i 170 punti base, grazie alla prospettiva di un governo targato Pd-5 Stelle, che evidentemente tranquillizza i mercati e l’Europa, relegando tentazioni e avventurismi sovranisti in un angolo (per ora), il Pil italiano nel secondo trimestre è rimasto invariato rispetto ai tre mesi precedenti ed è diminuito dello 0,1% su base annua. Lo ha rilevato l’Istat, rivedendo quindi al ribasso il dato anno su anno, giacché nelle stime diffuse a fine luglio la variazione era nulla. La fase di stagnazione della crescita italiana prosegue da cinque trimestri, a partire cioè dal secondo trimestre del 2018. Per il 2019, l’Istituto prevede una crescita acquisita pari a zero, cifra che si otterrebbe qualora (opzione molto probabile) i restanti trimestri dell'anno si chiudessero con una variazione nulla. Il precedente governo aveva previsto una crescita dell’1%. 

Industria in affanno, meglio gli investimenti 

A giugno arretrano anche fatturato e ordini dell’industria italiana. In particolare, il fatturato segna un calo dello 0,5% rispetto al mese precedente e dello 0,8% rispetto al giugno 2018. La dinamica congiunturale, specifica l’Istat, “è sintesi di una flessione del mercato interno (-1,2%) e di un modesto aumento di quello estero (+0,5%)”. Anche a livello trimestrale l’indice complessivo dell’industria è diminuito dello 0,1% rispetto al trimestre precedente. Gli ordinativi registrano a giugno un calo congiunturale sia su base mensile, pari allo 0,9%, sia guardando a tutto il secondo trimestre (-0,4%). Su base annua, il dato grezzo evidenzia un chiaro calo del 4,8%: si tratta della peggiore flessione dal luglio 2016, quando il dato calò del 9,2%. Gli ordini sul mercato interno sono cresciuti dell’1,1%, mentre c’è stata una marcata diminuzione delle commesse estere, pari al 3,8%. Per quanto riguarda consumi e investimenti, l’Istat ha registrato una variazione pari a zero per i primi e una crescita dell’1,9% per i secondi. Infine, le esportazioni sono cresciute dell’1% e le importazioni dell’1,1%.

Cresce la disoccupazione. Aumenta il lavoro stabile 

Capitolo a parte merita l’andamento della disoccupazione e dell’occupazione che, come accade talvolta, aumentano entrambe. A luglio il tasso di disoccupazione è salito al 9,9%, in aumento di 0,1 punti percentuali rispetto al mese precedente. Le persone in cerca di lavoro sono aumentate di 28mila unità, mese su mese, mentre i disoccupati si attestavano a due milioni e 566mila. Nello stesso mese è tornata a crescere anche la disoccupazione giovanile (15-24 anni), al 28,9%, +0,8% rispetto a giugno. Su base annua, invece, il valore cala del 2,7%. Buone notizie arrivano infine dalla trasformazione dei contratti a tempo indeterminato. Nei primi sei mesi, la variazione netta dei rapporti di lavoro a tempo indeterminato, calcolata attraverso assunzioni più trasformazioni meno cessazioni, risulta positiva per 321.805 contratti, registrando così un balzo del 150% rispetto allo stesso periodo del 2018, quando il saldo era di +128.355. Nei primi sei mesi dell’anno, le assunzioni totali nel settore privato sono state 3.726.334 a fronte di 2.902.048 cessazioni.