debito-l-italia-non-puo-chiedere-di-piu

Debito, l'Italia non può chiedere di più

I conti del nostro Paese tornano a preoccupare l'Europa e i mercati a pochi giorni dalle elezioni europee. Un valore oltre il 140% sarebbe insostenibile e una procedura d’infrazione da parte della Commissione Europea molto probabile

Stabilizzare il debito dell’Italia intorno al 130% è il mantra delle istituzioni europee a pochi giorni dal voto. Mentre il vicepremier e leader della Lega, Matteo Salvini, ha creato tensioni sui mercati dicendo che l’Italia potrebbe sforare il tetto del 3% del rapporto deficit/Pil e far salire il debito pubblico fino al 140%, alla vigilia dell’Ecofin, il commissario agli Affari economici, Pierre Moscovici, ha ribadito che non c’è alcuna intenzione di lasciare che l’Italia raggiunga un tale livello di squilibrio nei conti pubblici. Moscovici ha detto che stabilizzare il debito al 130% è un valore già alto, ma è comunque quello che ha promesso di fare il nostro Paese: “ci sono impegni presi”, ha ribadito, che sono nel programma di stabilità dell’Italia. “Lavoro con il governo – ha continuato – e spero che questi impegni saranno pienamente rispettati. Valuteremo le finanze pubbliche italiane, come quelle degli altri Stati membri, nel quadro del semestre europeo dopo le elezioni europee”, ha chiosato il commissario. Una qualche rassicurazione è comunque arrivata dal ministro dell’Economia, Giovanni Tria, che ha ribadito che il governo si è impegnato a raggiungere gli obiettivi di finanza pubblica annunciati in aprile con il Documento di economia e finanza (Def), che vede il debito pubblico scendere al 131,3% del Pil nel 2020 dal 132,6% stimato a fine 2019.


Squilibri troppo forti 

Intanto gli squilibri nei debiti pubblici, ma anche privati, sono stati al centro della riunione dei ministri delle finanze europee. Nella bozza del documento dell’Ecofin, si sottolinea come in certi Stati permangano vulnerabilità e come i disavanzi restino a livelli storicamente alti, mentre la loro correzione non procede abbastanza velocemente. Il richiamo è all’Italia, anche se la Penisola non è citata esplicitamente: “va evitata la marcia indietro su importanti riforme strutturali”, si legge. Eventuali decisioni specifiche sui singoli Paesi sono comunque rimandate al 5 giugno, quando la Commissione Europea presenterà le sue conclusioni. Ma a quel punto tutto sarà condizionato dall’esito del voto del 26 maggio. Gli alti livelli di debito, ricorda l’Ecofin, riducono lo spazio per assorbire eventuali futuri choc economici negativi: sotto la lente d’ingrandimento restano Cipro, la Grecia e l’Italia, dove gli squilibri sono considerati “eccessivi”. Le politiche di bilancio devono rispettare pienamente il patto di stabilità e tenere conto delle necessità di stabilizzazione e delle preoccupazioni sulla sostenibilità. 


Il surplus tedesco preoccupa meno 

Finora la procedura della Commissione Europea per squilibrio macroeconomico non è mai stata aperta contro nessuno Stato ed è comunque improbabile sia aperta prossimamente. Anche perché pure la Germania è tirata in ballo, in riferimento al surplus commerciale accumulato e che costituisce uno dei fattori di freno dell’economia dell’Eurozona. L’Ecofin ha ricordato per questo che quegli Stati in surplus nella parte corrente devono “sostenere la domanda interna e la crescita potenziale”, assumendosi in parte l’onere di stimolare la crescita continentale. Ma di fronte al debito monstre di certi Paesi, in primis l’Italia, gli squilibri degli altri Stati membri vanno in secondo piano.