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Soluzioni collettive per i cambiamenti climatici

Il cambiamento climatico è una delle più pervasive trasformazioni della nostra epoca. Statistiche e analisi sul clima lanciano da tempo l’allarme su un rischio che risulta devastante per l’ambiente, per la popolazione, per la tenuta del nostro Pianeta e per l’eredità che vorremo lasciare alle nuove generazioni.
Nonostante le evidenze che chiunque può cogliere nel vivere quotidiano, con fenomeni descritti ogni giorno come estremi e documentati da dati e immagini, la resistenza generale verso le possibili conseguenze introdotte dai cambiamenti climatici è purtroppo testimoniata dal fatto che alle intenzioni, contenute nelle strategie mondiali su tema, non stiano seguendo azioni sufficientemente incisive.
Da un punto di vista economico, i vari settori merceologici risentono del forte impatto di una trasformazione che, nelle sue manifestazioni sempre più gravi e sempre più frequenti, sta assumendo la fisionomia di una situazione ormai persistente e definitiva, sia per la portata dei rischi industriali che per il peso sociale che questa destabilizzante verità comporta.
Anche se tutti gli stati raggiungessero gli obiettivi previsti dagli accordi di Parigi di tre anni fa, che fissano il limite del riscaldamento globale a 1,5° centigradi, entro il 2100 tale limite risulterebbe in ogni caso raddoppiato e arriverebbe a ben 3° centigradi. Secondo l’aggiornamento annuale del Climate Action Tracker, questo dato è un grave richiamo che sottolinea, anche prevedendo lo scenario più ottimistico, l’insufficienza delle attuali politiche per affrontare il fenomeno.
Anche dal Global Risk Report 2019, presentato al World Economic Forum di Davos lo scorso gennaio, emergono dati e riflessioni inquietanti. Negli ultimi 50 anni gli eventi climatici sono quintuplicati, provocando costi che solo nel 2018 hanno raggiunto i 160 miliardi di dollari. Altri fenomeni collegati a questi cambiamenti, come la siccità, solo in Europa per lo scorso anno si sono tradotti in 3,9 miliardi di costi.
Quanto alle riflessioni documentate nel Global Risk Report 2019, queste vanno tutte collegate allo scenario geopolitico, in cui convergono le controversie commerciali e l’allontanamento dalle normative e dagli accordi multilaterali, e alle incertezze causate da cambiamenti sociali, lavorativi e tecnologici.
A livello teorico, affrontare il rischio climatico significa anche comprendere la pericolosità e la vulnerabilità a cui un territorio può essere esposto. L’uomo, nella sua fragilità e nei suoi limiti, nulla può fare per evitare il livello di pericolosità di un fenomeno meteorologico, ma può reagire per adottare misure adeguate ad arginare le vulnerabilità possibili su determinate aree, contenendo così le conseguenze e aumentando i livelli di sicurezza.
Ma le debolezze politiche e l’incapacità di coesione rischiano di rivelarsi come mera ricerca di affermazione di una nazione, come un gioco di forza senza alcun vincitore. Uno scenario che porta a indebolire il valore di una risposta che non può che essere collettiva per affrontare rischi e sfide globali.
Ecco allora che non possiamo che invocare l’importanza delle decisioni che verranno prese nei prossimi mesi di quest’anno, carichi di appuntamenti elettorali, di decisioni politiche e sociali. Da tutto questo emergeranno possibili svolte che potranno contribuire, forse, a delineare nuove strade su cui continuare a concepire il concetto di globalizzazione. Un termine che, oggi più che mai, andrebbe inteso come conferma di una volontà collettiva e della capacità di affrontare trasformazioni che, evidentemente, rappresentano un rischio per tutti. Senza distinzioni tra confini e interessi nazionali.