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La bassa qualità del lavoro italiano

La crescita dell'offerta di posti poco qualificati, e mal retribuiti, e il declino delle occupazioni a media retribuzione hanno determinato in Italia un deterioramento della struttura occupazionale. E l'innovazione tecnologica (scarsa) c'entra poco

Spesso si tende a dare alla tecnologia e all’automazione dei processi la colpa del deterioramento della qualità dell’occupazione in Italia e dell’immobilismo dei salari, soprattutto per quei lavoratori che non sono altamente specializzati ma che non sono nemmeno occupati nella fascia più bassa di competenze e reddito. Se per quasi tutto il resto del mondo occidentale la cosa è vera, per l’Italia non è così. Il che, a ben vedere, è anche peggio. In un interessante studio pubblicato recentemente da Banca d'Italia, a cura di Gaetano Basso, si evince come, a differenza di molte economie avanzate, negli ultimi dieci anni, in Italia la polarizzazione tra lavoro ad alto valore aggiunto e lavoro poco qualificato non sia stata un effetto collaterale dell’innovazione giacché, purtroppo, nel Paese è stata marginale. Nella ricerca, L’evoluzione della struttura occupazionale in Italia negli ultimi dieci anni, questo il titolo del lavoro, si spiega come molte economie abbiano, in effetti, sperimentato una significativa polarizzazione del lavoro, con un aumento della quota di occupazione e salario sia per i lavoratori a basso reddito sia per quelli a salari alti, a scapito dei lavoratori con retribuzioni di medio livello. Questa polarizzazione è stata probabilmente stimolata dalla sostituzione da un lato del lavoro routinario con l’automazione e dall’altro dall’avvento delle tecnologie informatiche (digitale ecc.). Il mercato del lavoro italiano ha effettivamente sperimentato modelli simili ma questi non sono stati la conseguenza di un puro shock tecnologico. O almeno non completamente.

UNA SOCIETÀ LIVELLATA VERSO IL BASSO 

Mentre in Italia, la quota di occupazioni a basso salario è notevolmente aumentata, quella delle occupazioni professionali ad alto reddito è leggermente diminuita. La percentuale di posti di lavoro da salario medio è diminuita in modo significativo ma non tanto per l’adozione di nuove tecnologie di automazione, cosa avvenuta in modo assai limitato. Tra i fattori più probabili, si legge nella ricerca, c’è la riallocazione intersettoriale dei lavoratori, che ha favorito il settore dei servizi a basso valore aggiunto, l’ascesa di un’immigrazione a basso livello di professionalizzazione e l’inserimento nel mondo del lavoro di laureati poco qualificati. È quindi la qualità intrinseca della forza lavoro della società italiana, livellata verso il basso, a spiegare la maggior parte dei cambiamenti osservati e non l’innovazione tecnologica, campo in cui il Belpaese è ancora indietro. La crescita dell’offerta di posti di lavoro poco qualificati, e a bassa retribuzione, e il declino delle occupazioni a media retribuzione hanno determinato un declassamento della struttura occupazionale italiana, giacché la quota di posti di lavoro ben retribuiti è rimasta sostanzialmente stabile.

I DUE MOMENTI DELLA RECESSIONE 

Concentrandosi sui due recenti periodi recessivi, fa notare lo studio di Bankitalia, i lavori ben pagati hanno sofferto di più durante la crisi 2007-2010, poiché la loro quota di occupazione è diminuita in quel periodo del 2,2%. Nella seconda parte della crisi (la double dip recession), è la quota di lavori di medio livello a diminuire drasticamente (-3,4% tra il 2010 e il 2013). Durante la recente ripresa, invece, si è osservata una crescita occupazionale dei posti di lavoro a bassa e alta retribuzione. Analizzando nel complesso tutto il decennio, si scopre che la struttura occupazionale italiana ha subito un declino nel lavoro di media abilità ma solo a favore di posti di lavoro scarsamente qualificati. Tale conclusione è coerente con le evidenze empiriche che mostrano un’adozione limitata da parte delle imprese italiane di vari tipi di tecnologie di automazione, come robot industriali che potrebbero sostituire lavoratori non specializzati, o altri strumenti Ict.

LE DIVERSITÀ INTERSETTORIALI 

Le variazioni osservate in Italia nel decennio più recente possono essere state influenzate anche da cambiamenti strutturali nella composizione settoriale. Durante la crisi, il settore dei beni cosiddetti non negoziabili (come il comparto farmaceutico, la Gdo, o il commercio librario) è stato poco influenzato dal crollo del commercio globale, contribuendo così alla crescita della quota di occupazione in ruoli a bassa retribuzione, perché le norme di quel settore limitano fortemente la concorrenza tra operatori. Dall’altra parte, invece, il crollo del comparto delle costruzioni, che nel 2017 era ancora del 26% al di sotto del livello di occupazione del 2007, ha contribuito alla riduzione dei lavori a reddito medio, come quello dei lavoratori del commercio edile e di altri settori artigianali collegati. Il degrado della qualità del lavoro, ribadiscono infine da via Nazionale, corrisponde anche ai limitati cambiamenti osservati nelle retribuzioni. Questi fattori suggeriscono che il sistema di contrattazione centralizzata, associato a forti rigidità salariali (ma al ribasso), gioca un ruolo importante in Italia e inibisce il ruolo dei prezzi come segnale di spostamento della domanda nel mercato del lavoro: ma la cosa, evidentemente, non sorprende.